Per Abbonati

“Huawei si produce i chip da sé”, ombre cinesi sui semiconduttori

di Giovanni Vasso -

TECNICO TECNICI SPECIALIZZATO SPECIALIZZATI LAVORA LAVORANO NELLA CAMERA STAGNA ALLA PREPARAZIONE APPLICAZIONE DI MICROCHIP MICROCHIPS GENERATE AI MICRO CHIP


Il colosso delle telecomunicazioni Huawei avrebbe iniziato a produrre chip di ultimissima generazione. E, per farlo, avrebbe allestito due fabbriche “ombra” e avrebbe intenzione di impiantarne altre tre a breve. Per agevolare gli investimenti, inoltre, Hauwei avrebbe ottenuto dal governo di Pechino sovvenzioni per un ammontare complessivo che si aggirerebbe attorno ai trenta miliardi di dollari.

La denuncia è arrivata dalla Semiconductor Industry Association, l’ente che riunisce alcuni tra i maggiori produttori di chip con sede a Washington. Le accuse di Sia, riportate da Bloomberg e rilanciate dalla Reuters, potrebbero aprire un nuovo scenario di tensione tra la Cina e gli Stati Uniti. Difatti, stando all’analisi degli industriali del ramo hitech, la mossa di Huawei sarebbe utile a neutralizzare il ban alla vendita di prodotti di alta tecnologia emesso, proprio dagli Usa, a carico delle aziende del Dragone nei mesi scorsi. Una sorta di “embargo” che, in realtà, ha sollevato critiche proprio dalle aziende americane che si sono adoperate, in una sorta di diplomazia digitale in cui sono stati protagonisti, tra gli altri, anche Elon Musk e Bill Gates, per tentare una mediazione tra le due sponde dell’Oceano Pacifico. Una decisione, da parte americana, a cui ha fatto seguito la ritorsione cinese che ha bandito l’export di terre rare, tra cui germanio e gallio, all’Occidente. Senza questi metalli è difficile, se non impossibile, procedere alla produzione di semiconduttori.

Il fatto è che Hauwei, dal 2019, è finita nel mirino delle autorità Usa. È nella black list stilata dal dipartimento americano per il commercio ma l’azienda ha sempre rifiutato di considerarsi come una minaccia per gli interessi statunitensi. Se la denuncia dei produttori americani di semiconduttori trovasse riscontri, saremmo di fronte a una nuova pagina della battaglia digitale tra i due colossi globali. Il Dragone avrebbe trovato, se la vicenda trovasse conferma, il modo per dribblare le sanzioni e per allestire da sé una supply chain hitech. Da Washington dicono che Huawei avrebbe investito, per i “suoi” chip, in due fabbriche già esistenti e sarebbe pronta a impiantare altri tre stabilimenti. Un progetto supersegreto, “ombra”. Finanziato grazie a investimenti che, tutto sommato, non sembrano nemmeno troppo ingenti. Con “appena” trenta miliardi di dollari, la Cina sarebbe riuscita a guadagnarsi la sua “sovranità” tecnologica nel campo, strategico, dei chip. E ciò sarebbe una sorta di scacco agli Stati Uniti. Anche perché la Cina, nel corso degli anni, ha conquistato posizioni strategiche nell’ambito dell’estrazione e dello sfruttamento dei giacimenti di terre rare. E questa è la seconda parte della vera e propria guerra senza frontiere che si estende dall’hardware fino al software, con i divieti e le restrizioni, in Occidente, a carico di TikTok, il social cinese che, nonostante le polemiche e i bandi, continua a sedurre milioni di giovanissimi in tutto il mondo. A discapito, su tutti, di Meta e di X-Twitter che trovano sempre maggiori difficoltà a stare al passo con l’offensiva social asiatica. Dai dispositivi fino ai dati. In ballo c’è il dominio digitale (e non solo) del mondo.

Insomma, la Cina è sempre più vicina a un impensabile scatto in avanti e l’America rischia di veder traballare l’ultimo, grandissimo, primato strategico che rimane alla sua economia: quello tecnologico. E che non cederà, almeno non lo farà così facilmente


Torna alle notizie in home