“Haftar è venuto a darci l’ultimatum. L’Italia favorisca le libere elezioni”
“Vi spiego perché Haftar ha lanciato un ultimatum all’Italia, dando al nostro governo una chance per rientrare in gioco da protagonista”. Così Vito Petrocelli, già presidente della commissione Esteri del Senato e presidente dell’Istituto Italia-Brics, legge l’incontro del generale della Cirenaica con la Meloni.
Perché è così importante la visita del generale Haftar a Roma?
La notizia di Haftar in Italia è stata pubblicata dai siti libici stamattina alle 11 (ieri, ndr), ma il generale era a Roma già da ieri sera (mercoledì, ndr). E’ indicativo dell’importanza della visita e della sua segretezza. A maggior ragione che c’era stato un problema diplomatico quando la Meloni, Tajani e Piantedosi sono andati soltanto a Tripoli, senza incontrare Haftar. La toppa messa allora dal governo italiano, dicendo che Haftar non era disponibile per problemi di salute, era peggiore del buco. La visita ha pertanto particolare rilievo per tutto quello che sta accadendo nell’Africa del nord.
La Meloni ha il problema della gestione dei migranti che partono dalla Cirenaica. Haftar cosa può chiedere in cambio?
Secondo le mie fonti, il generale è venuto a lanciare un ultimatum.
Che tipo di ultimatum?
Il generale potrebbe aver detto alla Meloni che ci sono due possibilità: o anche l’Italia garantisce, con l’appoggio di tutto l’Occidente, che si va entro la fine dell’anno alle elezioni, e a queste elezioni si fa in modo che Saif Gheddafi non partecipi. E su questo è più che d’accordo pure Tripoli, anche perché all’80 per cento Saif vincerebbe.
Oppure?
Oppure la Cirenaica farà di tutto per staccare la Libia, più o meno riunificata nel prossimo futuro, dal campo occidentale. A tal proposito ricordo che due giorni fa, cinque Paesi importanti dell’Opec – Iran, Arabia Saudita, Emirati, Algeria ed Egitto – hanno chiesto di entrare nel gruppo dei Paesi Brics. Questo ovviamente significa scollegarsi dai rapporti stretti con i Paesi occidentali.
Ma questo che cosa c’entra con Haftar?
Sappiamo per certo che è stato grazie anche alla mediazione del presidente egiziano al Sisi che Haftar è stato ricevuto da Tajani e dalla Meloni. E Haftar è in stretta collaborazione economica e militare soprattutto con l’Egitto in due contesti.
Quali sono?
La presenza russa nella Cirenaica, con le milizie Wagner, che collaborano sia con Haftar che con l’Egitto. Ma soprattutto nelle ultime settimane abbiamo visto la triangolazione Egitto-Cirenaica-Russia nel sostegno alle milizie sudanesi che stanno combattendo contro l’esercito regolare. Tanto che i miei informatori mi confermano che parte del carburante di contrabbando che prima prendeva la rotta dell’Europa ora finisce in Sudan. Perché senza quel carburante le milizie paramilitari non potrebbero procedere con le operazioni.
Allo stato attuale dunque ad Haftar conviene ancora contare sul sostegno dell’Occidente?
La priorità è portare il Paese alle urne, perché le parti sono d’accordo a riunificare la Libia togliendo di mezzo Gheddafi. L’Occidente è in grado di bloccare il figlio di Gheddafi? Se sì, la Libia resterà nel campo occidentale. Dando all’Italia la possibilità di rientrare in gioco, se si fa principale sponsor dell’operazione. Chi come sta lavorando alle opportunità di crescita di tutti i Paesi non allineati, che stanno risorgendo molto probabilmente a guida indiana, ritiene che per la Libia riunificata sarebbe una grande opportunità staccarsi dall’Occidente, che l’ha invasa, bombardata, affamata. Anche i leader tribali del Fezzan stanno sponsorizzando questa possibilità con gli interlocutori russi e cinesi. Peraltro l’Italia sta contribuendo a impoverire il Fezzan con una serie di progetti finanziati dalla Farnesina.
Quindi, qual è lo scenario?
Tripoli e Bengasi, che si fanno la guerra, quando rischiano di perdere il controllo del Paese e quindi delle sue risorse, passano sopra alla loro guerra interna e preferiscono coalizzarsi in qualche modo pur di tenere fuori Gheddafi. Dal canto suo, il figlio del Colonnello ha un problema.
Quale?
Si presenta come figura singola e non come leader di un’entità politica organizzata e per questo è vulnerabile: lo possono accusare di avere rapporti particolari con la Russia e con la Wagner, di dialogare soltanto con alcuni Paesi. Ma c’è un altro elemento che dimostra come Tripoli e Bengasi siano d’accordo nel tenere fuori dalle elezioni Gheddafi: due giorni fa, in previsione della visita di Haftar in Italia, una delegazione di alto livello con il ministro degli Esteri di Tripoli è andata da al Sisi.
Perché?
Perché l’altro elemento internazionale che si inserisce in questo quadro è che nessuno sa per certo cosa succederà alle elezioni in Turchia del 14 maggio. E i turchi sono diventati il principale sponsor di Tripoli, superando di gran lunga l’Italia. E invece sono visti come totalmente ostili da parte di Bengasi. Con un cambio di linea politica interna potrebbe cambiare la postura internazionale della Turchia. L’ultima novità per me riguarda poi l’Italia.
E qual è?
Dopo che per anni i governi italiani non ne hanno voluto sapere di verificare che fine facciano i soldi che anche il nostro Paese invia a Tripoli. Soldi che come ho denunciato nella passata legislatura finiscono nelle mani delle milizie, finanziano il traffico di esseri umani. Ora il nuovo governo parla con Haftar perché evidentemente sa che è l’ultima chance che l’Occidente ha di tenere nel suo campo la Cirenaica o la Libia riunificata.
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