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Hacker e bitcoin: la ’ndrangheta diventa finanza globale

di Rita Cavallaro -


La ‘ndrangheta assolda hacker, crea il suo “whatsapp” segreto e batte moneta digitale. È il nuovo volto dell’organizzazione criminale più potente del mondo, tracciato dal procuratore Nicola Gratteri e dall’esperto di criminalità organizzata Antonio Nicaso, nel nuovo libro “Il grifone”, edito da Mondadori. Un’inchiesta accurata, che si avvale di documenti e filoni d’indagine per delineare il grande salto di qualità della mafia calabrese, la quale, come il mitologico grifone, incarna al contempo “valori” tradizionali e nuove istanze, rendendo sempre più fluidi i confini tra legalità e illegalità, in un mondo interconnesso che permette alle ‘ndrine di intensificare gli affari criminali senza nemmeno più doversi spostare da casa.

Le armi della ‘ndrangheta, oggi, non sono più le lupare, ma hardware e software sofisticatissimi, che permettono alle cosche di insinuarsi negli angoli più oscuri del web, protetti non dall’antica omertà, ma dall’anonimato che lo spazio digitale consente di mantenere. “La ‘ndrangheta si sta normalizzando come principale agente finanziario a livello globale”, ha spiegato il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri.

“Non ha più difficoltà a riciclare i proventi delle attività illecite, grazie a transazioni finanziarie sofisticate attraverso le quali, in pochi minuti, sposta milioni di euro tra criptovalute e bitcoin”, ha aggiunto, sottolineando che il ricorso alla valuta digitale non riguarda soltanto l’acquisto di cocaina, ma anche gli investimenti. Solo nel 2022, infatti, il volume delle transazioni illecite messe in atto attraverso le criptovalute ha raggiunto il record di 20,6 miliardi di euro. “È in corso una sorta di darwinismo criminale”, ha aggiunto lo studioso Antonio Nicaso, “non dobbiamo più pensare ai mafiosi ignoranti che utilizzano picciotti rozzi e sfrontati, ma a capi evoluti che si avvalgono di abili professionisti con competenze nel settore informatico e finanziario”.

Le famiglie calabresi, d’altronde, stanno assumendo hacker stranieri, soprattutto rumeni, che vengono strapagati per costruire sofisticati sistemi di comunicazione criptati in stile “whatsapp”, chat inviolabili e segrete installate su “criptofonini”, smartphone opportunamente modificati nel software e associati a sim estere, grazie ai quali boss e affiliati decidono le strategie criminali, eludendo le intercettazioni. Finora sono stati scoperti i sistemi “Encrochat”, “SkyEcc” e “Anom”, ma gli informatici della ‘ndrangheta sono continuamente al lavoro per creare sistemi sempre più inviolabili e difficili da bucare per gli inquirenti.

“La qualità della polizia giudiziaria italiana è altissima”, ha precisato Gratteri, “ma oggi dal punto di vista della tecnologia siamo rimasti indietro, infatti non siamo riusciti a “bucare” nessuna di queste nuove piattaforme. Negli anni passati, chi ci ha governato non ha avuto una visione per il futuro e ora siamo indietro rispetto ad altre polizie europee, che invece hanno investito in tecnologia. Noi non abbiamo assunto ingegneri informatici e hacker e questa debolezza dell’Italia sul piano internazionale ci porterà a perdere il controllo su quelle che sono le mafie di serie A”.

E con l’Intelligenza Artificiale sarà sempre peggio, anche a causa di un vuoto normativo che renderà difficile anche fare gli arresti per i reati commessi nel mondo virtuale. “Le nuove tecnologie pongono la questione di un vuoto normativo”, ha spiegato Nicaso, ricorrendo a un esempio su tutti. “Se in un metaverso gli avatar di tre boss si mettono d’accordo sul traffico di droga, noi a chi contestiamo il reato, ai boss o agli avatar?”, si domanda il super esperto di criminalità organizzata.

In questo vuoto normativo la ‘ndrangheta porta avanti i suoi affari illeciti, ricicla miliardi di euro e investe nell’estrazione delle criptovalute, battendo di fatto moneta, come uno Stato a sé, e confermandosi tra le più importanti componenti strutturali del capitalismo globale. Offre e vende denaro, risana bilanci di società in crisi, non sposta più i soldi, ma fideiussioni e capitali. Tanto che il metodo investigativo caro a Giovanni Falcone, “follow the money” (segui i soldi), oramai non produce più risultati, se consideriamo che in Europa si riesce a confiscare alle cosche meno dell’1 per cento dei patrimoni. Non se ne parla, perché non fa rumore come i colpi di lupara che lasciavano a terra i cadaveri durante le grandi faide di mafia, ma fa certamente più danni all’economia globale e al tessuto delle imprese, sempre più infiltrate dalla ‘ndrangheta.


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