Attualità

GRAVI INDIZI DI REATO – Delitto di Novi Ligure, la morte dell’innocenza

di Francesca Petrosillo -


È la sera del 21 febbraio 2001 quando, in una tranquilla villetta a schiera di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, si consuma uno dei crimini più efferati e sconvolgenti della cronaca italiana. Erika De Nardo, 16 anni, e Omar Favaro, 17, uccidono a coltellate la madre di lei, Susy Cassini, e il fratellino di 11 anni, Gianluca. Il movente è agghiacciante nella sua semplicità: liberarsi degli ostacoli che impediscono loro di vivere liberamente la loro relazione.
La prima a chiamare aiuto è proprio Erika. In lacrime, afferma che due stranieri siano entrati in casa per tentare una rapina e abbiano ucciso la madre e il fratello. I carabinieri accorrono immediatamente, trovano Erika sotto shock, sporca di sangue, e iniziano a perlustrare la casa. Il corpo di Susy Cassini giace ai piedi della scala, colpita con 47 coltellate. Gianluca viene ritrovato nella vasca da bagno, trafitto da 57 fendenti. Una violenza inaudita, quasi disumana.
Inizialmente l’opinione pubblica si stringe attorno alla ragazza, vittima apparente di una tragedia inspiegabile. I media raccontano la storia con toni drammatici, enfatizzando il presunto assalto da parte di extracomunitari, alimentando paure e pregiudizi. Ma gli investigatori iniziano a nutrire dubbi. L’assenza di segni di effrazione, il comportamento ambiguo di Erika, e la freddezza con cui racconta i fatti iniziano a far emergere una verità diversa.
Dopo ore di interrogatorio, Erika crolla e confessa. È lei, insieme a Omar, ad aver pugnalato la madre e il fratellino. Dice di aver agito in un momento di rabbia, esasperata dalle restrizioni familiari, dai rimproveri della madre, dall’ammirazione che tutti riservano per Gianluca. In realtà, il piano è premeditato. Erika e Omar si accordano nei giorni precedenti. Il ragazzo porta il coltello, entrano in casa, e comincia il massacro. Omar colpisce Susy, Erika finisce Gianluca. I ruoli si mescolano nei racconti successivi, ciascuno cerca di ridimensionare la propria responsabilità. Ma l’esito non cambia: due vite innocenti sono state spezzate per un capriccio, per un’illusione di libertà. Il processo si svolge a porte chiuse, data la minore età degli imputati. La sentenza arriva nel giugno del 2002: 16 anni di reclusione per Erika, 14 per Omar. Il delitto sconvolge il Paese. Due adolescenti di buona famiglia, senza apparenti traumi o disagi, capaci di una tale efferatezza. La figura della “brava ragazza” si sgretola, e lascia il posto a un mostro freddo e calcolatore.
Negli anni successivi, entrambi scontano la pena. Omar viene scarcerato nel 2010, Erika nel 2011. Oggi cercano l’anonimato, una seconda possibilità. Ma per l’Italia e per Novi Ligure, quella sera del 2001 resta impressa come il giorno in cui l’innocenza muore, pugnalata da due ragazzi che decidono di giocare a fare gli adulti scegliendo la via più irreparabile: il sangue.


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