Cultura & Spettacolo

Goldoni e il conflitto come motore del cambiamento

di Michele Enrico Montesano -


STORIA DEL TEATRO – La regia e il conflitto in Goldoni

Lorenzo Salveti, regista e pedagogo sostiene che l’azione drammatica per esistere ha bisogno del conflitto. Il conflitto non solo muove l’azione ma può anche portare a un’evoluzione del personaggio. Ecco un estratto della XIII scena del II atto de Gl’Innamorati di Goldoni:

Fulgenzio: Per me ho finito d’essere innamorato.
Eugenia: Voglio piuttosto mettermi un sasso al collo, e andarmi a gettar nel Naviglio.
Fulgenzio: Si vede chiaro, che è annoiata di me.
Eugenia: Ha il cuore con tanto di pelo.
Fulgenzio: Ci scommetterei la testa, che il Conte le piace.
Eugenia: Finto! doppio come le cipolle!
Fulgenzio: Son pur pazzo io a perdere il mio tempo, e a perdere la salute, ed il riposo per lei.

Qui i due innamorati di Goldoni recitano il cosiddetto “a parte” quella convenzione scenica per cui il pubblico ascolta ciò che viene detto ma l’altro personaggio no. Tutta l’opera ruota intorno al conflitto tra i due come si nota da questi scambi e si conclude con queste parole pronunciate da Eugenia, dove riconosce tutte le stravaganze commesse da lei e dal futuro sposo Fulgenzio: “Caro sposo, finalmente siete mio, vostra sono. Oh quante stravaganze prodotte furono dal nostro amore! Vicendevoli sono state le nostre gelosie, i nostri affanni, le nostre pene. Chi potra dire, che non fummo noi, e che non siamo tuttavia innamorati? Oh quanti si saranno specchiati in noi! Deh quelli almeno, che si trovassero nel caso nostro alzin le mani, ed applaudiscano alle nostre consolazioni”. In Eugenia almeno si intravede una piccola crescita personale generata dal conflitto con Fulgenzio che liquida come “stravaganze”.

Un cambiamento consistente per un personaggio che solo per far morire di gelosia Fulgenzio si era promessa ad un altro. È bene precisare però che il conflitto non ha una carica positiva, ma neanche negativa. È una forza senza cui non vi sarebbero cambiamenti. Come sostiene Alberto Annibale: in un “conflitto egocentrico” senza alcuna apertura all’altro, ma anzi in cui l’altro è visto solo come una minaccia da eliminare, non è possibile alcun cambiamento. Viceversa il “conflitto empatico” è quello dell’Io che resta aperto al Tu, perché sa che senza quel Tu non ci sarebbe neanche Io. Esistiamo solo in relazione a un altro. Ci differenziamo solo grazie all’altro, la conoscenza di noi stessi passa attraverso l’Altro, èl’unico modo. Con altre parole lo racconta Paolo Sorrentino nel film “E stata la mano di Dio” dove nella scena 85 Capuano, interpretato da Ciro Capano, pronuncia le seguenti parole: “senza conflitto non si progredisce. Senza il conflitto è solo sesso. E il sesso non serve a niente.” Lo stesso significato del termine conflitto era, almeno in origine, un disequilibrio propedeutico all’armonia, un incontro di due polarita. L’essenza dell’interazione umana. Per citare Galantino “Sempre e comunque il conflitto si colloca e ci colloca in un contesto relazionale. Relazione con l’altro da me e/o relazione con me stesso”. Èutile in tal senso ricordare l’utilizzo che ne fa Tito Lucrezio Caro al verso 1216 nel IV libro del De Rerum Natura. Il “confliggere” del seme materno con quello paterno ha come esito la generazione di una vita nuova, in quanto perfetta mescolanza del padre e della madre: “i semi, eccitati nelle membra dall’impulso di Venere, sono stati spinti a incontrarsi (conflixit) dal reciproco ardore spirante concorde, e nessuno dei due ha predominato néèstato sopraffatto”.


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