Attualità

Gli Usa e getta sono 40 milioni

di Angelo Vitale -


Sono quaranta milioni, una percentuale che non si è significativamente modificata nei decenni, quasi il 12 per cento della popolazione: gli americani poveri sono gli scartati, il simbolo dell’America che non conta, gli invisibili continuamente assenti dalle campagne elettorali dei democratici e dei repubblicani. Non si riferiva certo a loro il presidente Donald Trump, quando ha annunciato l’età dell’oro (“Diventeremo ricchi”) nel Giardino delle rose della Casa Bianca dove agitava la tabella dei dazi promulgati nei confronti di 60 Paesi. Sotto il suo palco gli operai dell’automotive statunitense, l’emblema degli Stati Uniti che lo hanno votato scegliendolo come l’alfiere della rivincita del ceto medio-basso dopo anni in cui è stato sfiancato dal declino del potere d’acquisto. I dazi non per attaccare ma quasi per sopravvivere, si è detto. Ciò in cui riescono a malapena gli americani poveri, vivendo per strada, in tende e baracche, ai margini delle metropoli.

Donald Trump, come il suo predecessore dem Joe Biden, non considera questi milioni e milioni di poveri un elemento delle sue politiche. La sua scelta è stata quella di un approccio basato sul lavoro, il workfare anziché il welfare, sostenendo che i programmi di assistenza sociale dovrebbero essere legati alla disponibilità a lavorare. La quale, se pur esistente in queste sacche di popolazione condannate alla povertà, non ha alla fine alcuna possibilità di essere orientata, promossa, valorizzata. Trump ha tra i suoi metodi un approccio economico che punta a stimolare la crescita, senza adottare politiche specifiche per ridurre la povertà. Già durante il suo primo mandato, aveva tentato di ridurre i fondi per programmi di welfare come Medicaid e Snap, cruciali per le famiglie a basso reddito. Tuttavia, nella sua ultima campagna, non ha più parlato di abolire completamente questi programmi, e nemmeno ha presentato un piano chiaro per migliorarli. I suoi pallini fissi, l’immigrazione e l’economia, scegliendo poi, fin dal suo insediamento, di impugnare la clava dei dazi per rassicurare il suo elettorato, dimenticandosi per sempre dei poveri che c’erano già prima di lui. America, “il paese più ricco del mondo – ha scritto Daniela Gross – in cui la povertà danza ogni giorno sotto gli occhi di tutti”.


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