Gli effetti dell’IRA di Biden Ford licenzia e torna in Usa
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L’Europa gioca a dividersi, l’America inizia a “richiamare” le sue imprese in patria. L’Ira di Biden sortisce già effetti, funesti, per l’economia Ue: Ford annuncia 3.800 esuberi nel vecchio continente mentre, contestualmente, aprirà una nuova fabbrica di batterie, in Michigan, per un investimento pari a 3,5 miliardi di dollari e che darà lavoro a 2.500 persone.
La casa automobilistica dell’Ovale Blu, nei prossimi tre anni, taglierà poco meno di 4mila posti di lavoro. Il grosso degli esuberi sarebbe stato individuato nelle piante organiche degli stabilimenti produttivi di Colonia e Aquisgrana, in Germania, dove saranno licenziate complessivamente 2.300 persone. Altri duecento posti salteranno in giro per l’Europa mentre la mannaia calerà, con forza, anche sulle fabbriche del Regno Unito. Ford, in Gran Bretagna, darà il benservito a 1.300 dipendenti. Per il momento, non ci saranno licenziamenti allo stabilimento di Saarlouis, cittadina al confine con la Francia, dove continuerà la produzione della Focus, almeno fino al 2025. Poi si vedrà. Se si prendono in considerazione i freddi numeri, si tratta di tagli a poco più del 10% del personale. Ford, infatti, occupa circa 34mila persone in tutta Europa. Dove, come ha spiegato, continuerà a investire sull’impianto di Colonia dove inizierà la produzione di veicoli elettrici concessi in licenza a Volkswagen.
Mentre già montava la polemica contro l’auto elettrica in sé, accusata (e non del tutto a torto) di essere la “madre” di tutti i licenziamenti di massa che interesseranno il settore nei prossimi anni, è arrivata l’ufficialità sulla vera notizia dell’intero caso Ford: gli investimenti veri, infatti, l’Ovale Blu li farà in America. A distanza di un giorno dall’annuncio dei licenziamenti in Europa, è arrivata l’ufficialità sul progetto da 3,5 miliardi di dollari in Michigan. Qui sorgerà una fabbrica di assemblaggio di batterie Lfp, litio-ferro-fosfato. La struttura, già battezzata come BlueOval Battery Park Michigan, sarà inaugurata nel 2026 e darà lavoro a 2.500 persone. La tecnologia scelta da Ford servirà, secondo i piani della casa, ad allungare la vita media delle batterie che già da quest’anno saranno montate sui modelli Mustang Mach-E e ad abbattere i costi finali per i consumatori. Inoltre, stando a quanto emerge dai media americani, Ford potrebbe costituire una solida alleanza industriale con l’impresa cinese Catl (Contemporary Amperex Technology) per creare la più grande compagnia di batterie per auto elettriche al mondo. Catl, del resto, non è legata al governo di Pechino e, anzi, oggi ha rapporti con alcuni dei player più importanti del mercato dell’auto elettrica, da Honda a Tesla. Dal momento che l’interesse dei produttori, in questo momento, è quello di avvicinare i luoghi della produzione al mercato, è facile pronosticare che gran parte degli investimenti (per ben 50 miliardi di dollari) annunciati da Ford saranno realizzati proprio negli States.
Insomma, mentre l’Europa si divide e fissa termini sempre più stringenti per la transizione green, gli Stati Uniti passano all’incasso. L’Ira (funesta) di Joe Biden funziona. E se un colosso, per dimensioni e storia, come Ford “ripiega” in patria, vuol dire che l’inflaction reduction act può sortire effetti da “fuoco amico” sull’economia Ue. Intanto, nei giorni scorsi, da Washington è giunta un’altra mano tesa all’industria dell’automotive: il Tesoro degli Stati Uniti, infatti, ha messo mano alla definizione di Sport Utility Vehicle, cioè quella di Suv, allo scopo di ampliare il numero di auto elettriche idonee a far ottenere crediti d’imposta fino a 7.500 dollari. Le risorse, ovviamente, arrivano dall’Inflaction Reduction Act. Il provvedimento fa felice, oltre Elon Musk e General Motors.
L’Europa, inoltre, ha un altro problema. Passare all’elettrico imporrà, come spiega Manpower, la riqualificazione professionale di (almeno) 120mila tra operai e dipendenti delle case automobilistiche. Il 2035, termine ultimo fissato dal parlamento europeo per l’immatricolazione di auto a motori benzina e diesel, è praticamente dietro l’angolo. Il rischio è quello di finire travolti e stritolati dalla concorrenza, non solo americana ma soprattutto cinese. Pechino, in materia di elettrico, si è mossa prima e molto meglio di tanti altri. “Il rischio, se non si procederà in maniera rapida alla formazione di queste risorse, è di generare una crisi sia sociale che economica”, ha spiegato Anna Gionfriddo, amministratore delegato di ManpowerGroup Italia che ha aggiunto: “Complessivamente, infatti, la transizione verso la sostenibilità richiederà, tra il 2023 e il 2026, quattro milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo che vanno formate. Come confermano anche i dati a nostra disposizione, il problema delle competenze per il mondo del lavoro è già ora rilevante: a fronte di un’elevata richiesta di figure tecnologiche e specializzate, circa tre aziende su quattro hanno difficoltà nel trovare i talenti necessari. Una tendenza che colpisce in modo trasversale quasi tutti i settori, a conferma di come sia ancora più cruciale investire su upskilling e in particolare sul reskilling delle persone, se vogliamo diminuire questo divario e supportare la crescita economica delle aziende e del Paese”.
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