Politica

Giovanardi risponde a Craxi: “Emilia-Romagna? Comanda ancora l’apparato, ma sono colpevoli gli altri partiti”

di Claudia Mari -


Carlo Giovanardi, già ministro della Repubblica, modenese doc, cosa pensa dell’affermazione di Stefania Craxi che il sistema della sinistra in Emilia-Romagna non ha nulla da invidiare ad alcune organizzazioni del Sud?
Sono stato eletto consigliere comunale per la Dc nel 1975 a Modena città, su cinquanta consiglieri 12 erano Dc e 29 comunisti, il più cattivo di loro inveiva contro l’opposizione, il più buono veniva bonariamente a spiegarci quanto aveva ragione quello cattivo. Nel 1980, eletto in consiglio regionale, mi sono ritrovato con 13 democristiani e 26 comunisti su 50. Oggi tutti sanno che Modena è città ricchissima, quella della Ferrari, Maserati, Bugatti, Pavarotti, Accademia militare, lambrusco, aceto balsamico, maglieria e ceramiche, ma all’inizio del secolo scorso era disperatamente povera, con uno scontro di classe feroce, diversamente dal Veneto cattolico e comunitario, dove all’ombra del campanile famigliarizzavano padroni, mezzadri e braccianti.

Tanta acqua sotto i ponti è passata da allora.
Vero, ma come spiegò un saggio di tanti anni fa dell’Istituto De Gasperi, qui si è diffusa la figura del “narcisista schizofrenico”, imprenditore, commerciante o artigiano di successo che consuma e spende volendo sempre “al maxim” ma che in ricordo dei nonni sfruttati maledice “i padroun”, categoria di cui da tempo è entrato pienamente a far parte.

Questo spiega l’egemonia del Pci prima e del Pd poi nella regione?
C’è una doppia risposta. La guerra qui non è finita nell’aprile del 1945 ma nel famigerato triangolo della morte sono continuati negli anni successivi gli omicidi mirati di ex fascisti, democristiani, sacerdoti, in vista di una rivoluzione poi mai avvenuta, insomma un clima che i giovani di oggi possono capire guardando i film di Don Camillo, tratti daI libri di Giovannino Guareschi. Lo stesso Indro Montanelli, un mito dell’anticomunismo, ha sempre consigliato nel dopoguerra di stare alla larga dall’Emilia-Romagna.

E la seconda risposta?
Dagli anni ‘50 del secolo scorso in avanti in questa regione si è avverata la profezia di George Orwell nel suo libro La fattoria degli animali: il capo della rivoluzione, il maiale Palla di Neve, si mette d’accordo con gli ex padroni cacciati dalla fattoria, mentre l’idealista cavallo Gondrano viene avviato al macello. Sia chiaro che qui al macello non c’è andato poi nessuno ma, come scriveva Orwell, “tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Ci spieghi meglio.
Faccio un esempio: negli anni ‘80, quando ero consigliere regionale Dc, ebbi una polemica pubblica sui giornali con il grande Enzo Ferrari. Materia del contendere l’appello che faceva Ferrari ad ogni elezione amministrativa locale a votare Partito Comunista (ma si sapeva che lui aveva idee diametralmente opposte). Feci notare a Ferrari che la Formula 1 si correva nei paesi occidentali,non nei paesi comunisti e le Ferrari venivano vendute ai capitalisti dell’Occidente. Ferrari replicò ricordandomi la perfezione dei suoi prodotti e il benessere che garantiva ai dipendenti. Come imprenditore aveva ragione lui perché mai e poi mai, anche quando purtroppo morivano i suoi piloti in catastrofici incidenti, nessuno del Partito Comunista ha mai sollevato obiezioni o appoggiato agitazioni sindacali. Ogni riferimento ai guai capitati ad altri imprenditori pubblicamente anticomunisti, vedi Berlusconi, non è puramente casuale.

Quindi in Emilia-Romagna comunisti ed ex comunisti sono stati e sono intelligenti e pragmatici, solo questo spiega la differenza con il resto d’Italia?
C’era e in parte c’è ancora nel cuore dell’Emilia rossa un apparato che gli altri partiti si sognano. Prima di Tangentopoli soltanto a Modena il Pci aveva 200 funzionari a tempo pieno, a cui andavano aggiunti militanti nella cooperazione, nel sindacato, nei patronati, sindaci e assessori, persone la cui mission era anche quella di portare voti al partito. Il secondo partito di Modena, la Dc, poteva contare a tempo pieno su un funzionario, una centralinista, tre parlamentari, due consiglieri regionali e qualche sindaco sull’Appennino. Dopo Tangentopoli il Pci-Pd è stato costretto ad una drastica riduzione dei funzionari ma tutto il resto dell’apparato collaterale funziona a pieno ritmo.

Allora aveva ragione Montanelli, non c’è nulla da fare in Emilia-Romagna?
Alle ultime europee di giugno ha votato in Emilia-Romagna meno del 60% degli aventi diritto, la popolazione extracomunitaria è al 15%, il Muro di Berlino è caduto nel secolo scorso e votano giovani nati dopo il Duemila: che continui a comandare quello che resta di quel mastodontico apparato è adesso colpa imperdonabile degli altri partiti.


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