Giovanardi “Io c’ero e vi dico che in fondo Napolitano ha aiutato Berlusconi”
di CARLO GIOVANARDI – Leggo giudizi non proprio benevoli sul ruolo che Giorgio Napolitano, allora Presidente della Repubblica, avrebbe avuto nella caduta del Governo Berlusconi quater, di cui facevo parte come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Premetto che non ho condiviso tutte le scelte del Presidente Napolitano, a cominciare da quella di non controfirmare il decreto legge con il quale si voleva impedire la morte ( per mancanza di acqua e cibo ) di Eluana Englaro. Ma a maggior ragione intendo difendere il ruolo del Capo dello Stato in avvenimenti che ho vissuto di persona.
Era 10 aprile del 2010 quando assistetti, allibito come tutti, allo scontro pubblico tra Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio e Gianfranco Fini, Presidente della Camera, culminato nella famosa frase di Fini “che fai mi cacci?” (dal PDL, ndr). Ed in effetti in un successivo Ufficio di Presidenza del PDL, di cui facevo parte, fu deliberata l’ espulsione di Fini. Intervenendo in quella sede misi in guardia Berlusconi dal pericolo di mettere in moto una situazione scivolosa che avrebbe messo in pericolo maggioranza e governo, ma ormai il dado era tratto. Il 30 luglio Gianfranco Fini diede vita a Futuro e Libertà, costituendo gruppi parlamentari autonomi sia alla Camera che al Senato, che votarono comunque un mozione di rinnovata fiducia al Governo Berlusconi, risultando numericamente determinanti per arrivare alla maggioranza. Agli inizi di novembre mi chiamò Andrea Ronchi, Ministro per le Politiche Europee, per mettermi al corrente dell’ intenzione di Fini , che sapeva essere mio buon amico, di ritirare la delegazione di Futuro e Libertà dal Governo il prossimo 7 novembre.
Chiamai Gianfranco, che scherzando consideravo assieme con Berlusconi uno dei miei due papà politici, parlai a lungo con lui ma non ci fu nulla da fare: alla mia osservazione che con la costituzione dei suoi Gruppi aveva vinto la partita e poteva da una posizione di forza negoziare la composizione di un nuovo Governo Berlusconi, replicò che lui con Berlusconi aveva definitivamente chiuso, anche davanti al rischio, che gli feci presente , che i miei due papà si ammazzassero a vicenda.
Dopo il ritiro della delegazione dal Governo ecco entrare in scena il Presidente Napolitano che, esercitando la sua moral suasion, chiese di posticipare il voto di fiducia a dopo l’approvazione della Legge Finanziaria 2010. E così, quando si arrivò al voto il 14 di dicembre, grazie all’ abile regia di recupero consensi da parte di Denis Verdini, la mozione di sfiducia venne respinta con 314 voti contrari e 311 favorevoli. Sfido chiunque pertanto a sostenere che Giorgio Napolitano in quella occasione non fu imparziale con Berlusconi, non strumentalizzando le sue difficoltà ma facendo invece prevalere l’interesse del Paese in una difficile congiuntura economica. Guai seri di nuovo per il Governo si affacciarono invece a sorpresa alla Camera l’ 11 ottobre del 2011 quando una votazione più tecnica che politica, l’approvazione del Rendiconto dello Stato dell’anno precedente, finì 290 contro 290 essendo necessari per l’approvazione 291 voti, magari quello di Giulio Tremonti che stava entrando in Aula o quello di Umberto Bossi che era stato trattenuto in Transatlantico da alcuni giornalisti.
Quando l’8 novembre la votazione venne ripetuta le opposizioni si astennero dal partecipare ed il provvedimento passò con soli 308 voti a favore, con la dimostrazione politica e numerica che alla Camera il Governo Berlusconi non aveva più la maggioranza assoluta dei voti, mentre continuava lo stillicidio di deputati che abbandonavano il Pdl per passare a gruppi di opposizione, ultimi e decisivi Gabriella Carlucci e Giorgio Stracquadanio. Ci fu un estremo tentativo da parte del Governo di raddrizzare la situazione con un decreto legge che fronteggiasse l’ esplosione dello spread, ma Napolitano non lo firmò, anche perchè nel frattempo erano nati contrasti e malintesi tra il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e quello della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Dopo le dimissioni di Berlusconi, mi recai subito a Palazzo Grazioli assieme al Ministro Gianfranco Rotondi e fummo ricevuti dal Presidente dimissionario con la solita cordialità. Alla nostra domanda, “Allora Silvio si va ad elezioni anticipate come abbiamo sempre detto?” sollevò gli occhi da un documento che aveva sulla scrivania e ci disse: “Questa è la nomina di Senatore a vita di Mario Monti, che Napolitano mi chiede di controfirmare”, pertanto niente elezioni anticipate perché il nostro senso di responsabilità verso il Paese ci impone di appoggiare il Governo che presiederà Monti, come accadde poi sia alla Camera che al Senato.
Così sono andate le cose ed onestamente non vedo colpe che si possano addebitare a Giorgio Napolitano che nel 2010 salvò il Governo in carica e nel 2011, mentre crollava il quadro politico, legittimamente e doverosamente si era messo in moto per cercare vie di soluzione alla crisi.
Mi permetto infine un suggerimento ed un invito all’attuale Governo ed all’attuale maggioranza: è vitale che abbassi il tasso di conflittualità interna se non vuole ripetere l’ esperienza del Berlusconi quater.
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