Gioia Tauro: Occhiuto….a quel rigassificatore
Gioia Tauro, il rigassificatore della discordia. Non solo sul territorio, per il contrasto tra chi lo persegue, come il governatore della Regione Calabria Roberto Occhiuto, e gli ambientalisti. Un conflitto che diventa istituzionale, con Occhiuto a chiedere esplicitamente, bypassando il ministro Gilberto Pichetto Fratin, che se ne occupi direttamente la premier Giorgia Meloni, per assicurare incisività ad un iter finora rimasto solo nelle parole di propositi, dichiarazioni, incontri.
Una polemica, fin qui, rimasta circoscritta alla Calabria. Impossibile ascoltare le parole di Occhiuto. Ancora nei cassetti del governo, da circa 20 anni, l’idea dell’impianto di cui si tornò a parlare all’epoca del governo Draghi, all’atto del via del conflitto russo-ucraino e della corsa a cercare alternative al gas russo e a costruire un fabbisogno energetico nazionale, ora divenuto prioritario per il governo Meloni. Diciotto mesi fa ne parlò a Crotone il predecessore di Matteo Salvini alle Infrastrutture, Enrico Giovannini anticipando ad Occhiuto i ragionamenti del suo collega all’Ambiente, Roberto Cingolani. Ma Cingolani subito dopo gelò tutti, dichiarando di pensare a Piombino o Ravenna.
Intanto, però, ritornava in scena il progetto per un terminale di importazione di Gnl da 12 miliardi di metri cubi all’anno nel primo porto italiano per traffico merci, inizialmente sviluppato da LNG MedGas, consorzio tra Fingas, una joint venture Sorgenia e Iren con il 69,8%, e Medgas Italia con il 30,2%, proposto nel 2005. Aveva ricevuto le approvazioni ma finora era rimasto sospeso. Se accelerato, il progetto potrebbe entrare in servizio già nel 2026, con un collegamento di 7 km alla rete di Snam. Una semplice ipotesi, allo stato. Perché in Sorgenia abbiamo trovato bocche cucite. Nessun commento pubblico da Iren. Glissa sulla vicenda Snam, anche se poi il suo ceo Stefano Venier ha parlato dell’impianto nella presentazione del Piano 2022-2026. Dal settore industriale interessato, insomma, l’abituale circospezione di fronte ad una situazione nella quale chi governa non ha ancora detto una parola certa, né adottato un atto preciso. Nell’auspicio che, prima o poi, la politica prema sull’acceleratore per il via libera all’iniziativa.
Un mese fa, in un’intervista, il “benservito” di Occhiuto a Pichetto Fratin, esprimendo “piacere” affinché Giorgia Meloni si occupi in prima persona del rigassificatore di Gioia Tauro. Cosa che la premier non ha fatto, pressata com’è dall’emergenza migranti e da uno scenario economico in continua fibrillazione. Da Occhiuto un attacco esplicito ad un “insensato ostruzionismo” di Snam per una non meglio precisata “strozzatura a Sulmona” (quale? quella per la centrale tanto avversata localmente e dagli ambientalisti?). Intanto le solite voci di dentro raffigurano Pichetto come in ostaggio di un suo capo Dipartimento. Torna qui in scena la non nuova accusa all’opacità di uffici e corridoi del ministero dell’Ambiente, nella cronaca degli anni passati talvolta sfociata anche in inchieste giudiziarie. Stavolta si racconta di un ministro dell’Ambiente condizionato a scelte unicamente nei binari delle strategie del colosso Eni.
Rumors e veleni cui è estranea Legambiente, che preferisce contestare con dati e numeri: “Un impianto da un miliardo, costruito in area sismica, impattante perché on shore per riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi di combustibile, reso liquido per il trasporto in navi cisterna che attraccheranno a 500 metri dalla costa. A differenza delle due navi Fsru di Snam dovrà durare 25 anni, oltre il 2050 quando l’Italia e l’Europa dovrebbero portare a zero le loro emissioni di gas climalteranti. Emissioni che già al 2030, quando il rigassificatore sarebbe presumibilmente in funzione, dovranno già essere state ridotte del 55%, rispetto al 1990. Un impianto che si troverebbe quindi a competere in un mercato nel quale i consumi di gas sono previsti in costante discesa in base alle previsioni del Pniec”.
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