Attualità

Le regole del gioco, Cardia (Acadi): “Divieti non funzionano, ora cambiamo”

di Giovanni Vasso -


Le regole del gioco vanno cambiate. Perché gli italiani, nonostante lacci e divieti, giocano quanto se non più di prima e, se iniziano ad abbandonare slot e videolottery (i giochi maggiormente colpiti dalle restrizioni) al contempo continuano a sbigliettare gratta e vinci, a compilare “bollette” e cliccano online i casinò. Perché le imprese, quelle che danno lavoro a 150mila persone e garantiscono allo Stato introiti globali da dodici miliardi di euro l’anno, iniziano a tremare. Geronimo Cardia, avvocato e presidente di Acadi, l’associazione italiana dei concessionari di giochi pubblici, a L’identità lancia la proposta: “Se non funzionano, le regole del gioco vanno cambiate”.


Avvocato Cardia, quale è lo scenario del gioco?
C’era una volta il Totocalcio, il Totip, le schedine. Poi, a cominciare dal 2000, è iniziata la liberalizzazione che ha portato alla nascita del comparto dei giochi. Che, oggi, opera essenzialmente su due canali distributivi: il territorio e l’online. Le tipologie di prodotti sono numerose. Ma la legislazione e le scelte di Regioni e Comuni, in nome della lotta al disturbo da gioco d’azzardo, s’è concentrata su due strumenti: i distanziometri e gli orari. Una decisione che, oggi, abbiamo compreso che non ha funzionato e che ha colpito principalmente il settore degli apparecchi, Slot Machine e videolotterie su tutte. Un’applicazione fin troppo zelante, al punto che, oggi, il 98% del territorio nazionale è “inibito” al gioco mentre in alcuni Comuni si applicano divieti fino a 17 ore al giorno. Ma, come è emerso dal recente convegno sulle tematiche del gioco con la Regione Toscana che si è tenuto sabato scorso a Cetona, in provincia di Siena, chi gioca continuerà a farlo e, come sottolineato dagli esperti medici e sanitari che sono intervenuti, l’approccio proibizionista non funziona.


In che senso?
I dati degli ultimi dieci anni parlano chiaro. La domanda di gioco si è semplicemente spostata su altre tipologie che non sono state colpite da queste misure, come i gratta e vinci, per restare a quelle distribuite sul territorio. Il paradosso è che gli stessi giochi gravati dalle misure sui territori, hanno aumentato la loro utenza online insieme agli altri prodotti offerti in line. In pratica è accaduto che, con l’intento di mettere a terra misure per la salute, si è in realtà solo spostato il problema su altri tipi di gioco e altri canali di distribuzione. E se possiamo dare un dato puntuale in quanto ci è fornito dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in merito allo spostamento tra le tipologie di gioco legale, tuttavia non possiamo avere i dati legati allo spostamento che possa essere avvenuto sull’illegalità. Ma si deve avere chiaro il concetto che i contrabbandieri del gioco, cioè i soggetti che sono disposti a fare vendita del gioco illegale, sono pronti a fare affare e che la criminalità organizzata è sempre pronta a colmare spazio non riempito da un’offerta regolamentata dallo Stato. E poi c’è una questione centrale: questo sistema rischia di inguaiare proprio lo Stato.


Per quale ragione?
Il comparto giochi è soggetto a concessioni, che vanno in scadenza dopo nove anni. Lo Stato conosce benissimo la situazione e le conseguenze relative ai divieti orari e ai distanziometri. Chi aprirebbe un’impresa che non può esercitare sulla quasi totalità del territorio? Nessuno. E così accade che lo Stato si trovi impossibilitato a fare i nuovi bandi perché è consapevole dei divieti e del fatto che nessuno si presenterebbe a una gara del genere, se non, magari, qualche soggetto borderline interessato a riciclare del denaro. Enti dello Stato, come il Ministero dell’economia e delle finanze, il Viminale, l’Adm stanno interloquendo con il Ministero della Sanità, le Regioni e i Comuni ad un tavolo tecnico per riuscire a superare quelle che sono queste misure di prevenzione che tali non sono e si sono mostrate incapaci di prevenire e curare i problemi sanitari.


E allora, che fare?
La salute viene prima di tutto, è in cima alle priorità. Si tratta di un valore che va tutelato. Faccio mia la considerazione dello psichiatra Giovanni Martinotti autore di studi e numerose pubblicazioni sul fenomeno, che a Siena, ha ricordato come distanze e orari non abbiano funzionato e ha sottolineato la bontà di uno strumento utilizzato sull’online, come il registro di esclusione, che è apprezzato anche dagli utenti. E che potrebbe essere applicato anche sul territorio. Occorrerebbe, poi, prendere coscienza del fatto che i problemi che possono derivare dal gioco riguardano tutte le tipologie e non solo slot e Vlt. Ciò per dire che, con i fondi da ritrovare nel gettito fiscale di tutti i giochi, e non solo quello proveniente dagli apparecchi, si possono finanziare progetti e iniziative di politica attiva, per Comuni e Regioni, finalizzate a prevenire e combattere la ludopatia. Importanti politiche attive di prevenzione e contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, per esempio, sono state messe in campo dalla Regione Campania che ha istituito un osservatorio che coinvolge anche gli operatori del settore che, così, possono fornire il loro importante contributo d’esperienza. Si tratta di questioni interessanti che sono pur emerse ma che, al tavolo tecnico, sembrano incontrare ancora molte resistenze, in particolar modo nelle rappresentanze delle istituzioni sanitarie. Ma i numeri, i dati, la realtà dell’ultimo decennio parlano chiaro: le attuali misure hanno fallito. E bisogna cambiare pagina.


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