Giava, la strage dei bimbi
Continua a crescere il bilancio del terremoto di magnitudo 5,6 che ieri ha colpito l’Indonesia, con epicentro sulla terraferma, vicino alla città di Cianjur, a circa 100 chilometri dalla capitale. A riferirlo è stata l’Agenzia nazionale per il clima e la geofisica (la Bmkg) Secondo le autorità locali, almeno 162 persone hanno perso la vita.
Il governatore di Giava occidentale, Ridwan Kamil, ha reso noto che la maggioranza delle vittime sono bambini. Si stimano almeno 326 feriti e oltre 13.700 sfollati.
Kamil ha spiegato che il gran numero di vittime minori i è dovuto al fatto che al momento del terremoto, alle 13.21 ora locale, le scuole erano aperte. “Continuiamo a precisare le percentuali, ha ribadito, ma tutte le informazioni sul terreno dicono che la maggioranza delle vittime sono bambini”.
“Secondo le prime informazioni, in un solo ospedale sono decedute quasi 20 persone e almeno 300 sono in cura. La maggior parte di loro ha fratture dopo essere rimasta intrappolata nelle macerie degli edifici”, ha dichiarato a Metro TV Herman Suherman, capo dell’amministrazione comunale di Cianjur.
Quattro scuole e 52 case sono crollate o sono state gravemente danneggiate, stando a quanto ha riferito l’ufficio locale dell’Agenzia nazionale per la gestione dei disastri (Bnpb). Anche una moschea e un ospedale hanno riportato pesanti danni.
Incessante il lavoro dei soccorritori per estrarre dalle macerie le persone ancora intrappolate. Venticinque quelle ancora da salvare solo nella zona di Cugenang. Il bilancio è inevitabilmente destinato ad aggravarsi ancora. La situazione è stata resa più caotica dalla corsa contro il tempo dovuta alla possibilità di ulteriori scosse di assestamento nelle prossime ore. Al momento ne sono state registrate già 25.
Le autorità governative si sono messe subito all’opera per montare tende e adibire rifugi per i senzatetto, mentre si occupano dei loro bisogni essenziali. Il personale sanitario ha curato i feriti su barelle e coperte posizionate fuori dai principali ospedali, sulle terrazze e nei parcheggi.
“Sono svenuto. È stato molto forte”, ha raccontato Hasan, un operaio edile che è in cura presso l’ospedale regionale di Cianjur. Drammatico il suo tentativo di fuga: “Ho visto i miei amici correre per scappare dall’edificio. Ma era troppo tardi per uscire e sono stato colpito dal muro”.
Il negoziante Dewi Risma stava lavorando con i clienti quando la terra ha iniziato a tremare. Immediata la sua corsa verso l’uscita. “I veicoli sulla strada si sono fermati perché il terremoto è stato molto forte”, ha detto. “L’ho sentito tremare tre volte, ha proseguito, ma la prima è stata la più forte per circa 10 secondi. Il tetto del negozio accanto al negozio in cui lavoro era crollato e la gente diceva che due erano stati colpiti”.
“Il terremoto è stato così forte. Io e i miei colleghi abbiamo deciso di uscire dal nostro ufficio al nono piano usando le scale di emergenza”. Sono le parole cariche di paura di Vidi Primadhania, un dipendente nella zona sud della capitale, dove molti residenti sono corsi in strada e altri si sono nascosti sotto le scrivanie nei loro uffici.
L’Indonesia, arcipelago di oltre 270 milioni di persone, è spesso colpita eventi catastrofici a causa della sua posizione sul cosiddetto “anello di fuoco”, un arco di vulcani e linee di faglia nel bacino del Pacifico. A febbraio, un terremoto di magnitudo 6,2 ha ucciso almeno 25 abitanti e ne ha feriti circa 460 nella provincia di Sumatra occidentale.
Nel gennaio 2021, un nuovo episodio sismico di magnitudo 6,2 è costato la vita a più di 100 persone, ferendone quasi 6.500 nella provincia di West Sulawesi. Ancora viva nella memoria collettiva è la tragedia del 2004. Il 26 dicembre di quell’anno, onde di oltre 14 metri si abbatterono sulla Thailandia e su parte dei Paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano. Lo tsunami fu scatenato da un terremoto, avvenuto in mare aperto, di magnitudo 9.3. La sua potenza fu tale da raggiungere addirittura le coste della Somalia e del Kenya. La scossa, registrata al largo della costa nord-occidentale dell’Indonesia, originò una reazione a catena che sommerse migliaia di chilometri di costa, devastando tutto ciò che incontrava. Quasi 230mila le vittime in una dozzina di nazioni. Migliaia i turisti dispersi.
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