Attualità

IN GIUSTIZIA – Gianfranco Fini tra democrazia e follia

di Francesco Da Riva Grechi -


Otto anni sono stati chiesti dalle sostitute pubblico ministero della Procura di Roma Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace a carico di Gianfranco Fini, già Presidente della Camera e fondatore di Alleanza Nazionale. É semplicemente folle. Il fatto risale al 2008 e sono riuscite a far prescrivere addirittura il reato di associazione per delinquere, del quale Fini tuttavia non era imputato. La dinamica processuale è semplicemente assurda, a parte il contrasto, di grande evidenza, con il principio della ragionevole durata del processo, che discende dal fondamentale diritto ad un “processo giusto”.
Qui siamo in un altro mondo! Non voglio parlare dei fatti prima della sentenza, che, si precisa, deve ancora arrivare, tuttavia non è possibile che sia sfuggito alle due sostitute procuratrici l’impatto sulla vita politica, quantomeno mediatica, di una richiesta così esorbitante, in un tempo così lontano dai fatti e così vicino alle elezioni europee. La sola circostanza di essere ancora in primo grado farebbe desistere da qualsiasi prosecuzione del processo, e questo attiene alla durata, ma è l’entità della pena chiesta ad essere irragionevole oltre ogni misura. Nè pu sfuggire quanto la “smoderatezza” della vicenda processuale contrasti con la “moderazione” dello stile politico del personaggio Gianfranco Fini, che definì il fascismo “male assoluto” all’indomani della trasformazione, da lui condotta, del Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale e che da Presidente della Camera appoggi l’apertura al voto per gli immigrati. Si parlava, anche su questo giornale, di una sua possibile candidatura alle prossime elezioni europee. Sarebbe stato un segnale importantissimo contro ogni estremismo o populismo, tipici della degenerazione di questi anni, anche se non è detto che la candidatura si sarebbe effettivamente concretizzata.
Quello che sembra ormai certo è che l’esito di questo processo assurdo l’ha definitivamente compromessa. E non è sinceramente accettabile che sulla politica italiana e soprattutto europea incida in questo modo una vicenda giudiziaria così annosa e ripetitiva, con un primo grado di giudizio che si trascina nel nulla da 16 anni. Più volte in questa rubrica sono state affrontate vicende assurde e si è richiamata la logica giudica formale ed i principi discendenti da quello fondamentale del giusto processo. Più volte è stato evidenziato quanto il nuovo governo ed i vertici degli uffici giudiziari più importanti siano in una congiunzione astrale favorevole ad un inedito “dialogo tra non ricattabili” (11 marzo 2024, sul processo di Perugia chiesto dal ministro Crosetto).
Una vicenda come quella di Gianfranco Fini richiede per delle riforme, perché le regole attuali, detto da chi inclina alla bastevolezza della loro semplice corretta applicazione, evidentemente non funzionano. Premesso che le forme di responsabilità dei magistrati richiedono un dibattito a parte e comunque presuppongono responsabilità interne precise e dunque un minimo di gerarchia nell’organizzazione, il punto è che, vista la pesantissima incidenza di un numero sconfinato di processi inutili ed inconcludenti sulle elezioni politiche, rientra nel concetto di “vita democratica” la tutela della libertà di partecipare alle elezioni di coloro che, si scopre sempre tardi, ne avevano pienamente diritto.


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