La locomotiva d’Europa è a secco di fiducia: gli investitori in Germania sono a dir poco depressi e i dati fotografano tutti i fantasmi che si aggirano tra Berlino e Monaco di Baviera. E che, presto, arriveranno anche da noi. Già, perché la manifattura e l’industria italiana, specialmente nel Nord, ha contatti e clienti più che strategici proprio Oltralpe. E se la Germania crolla, rischiamo di farci male anche noi. Prima di fasciarsi la testa, però, occorre dare uno sguardo ai numeri. Che raccontano una realtà inquietante. Ci si attendeva che l’indice Zew, che misura la fiducia degli investitori tedeschi, si attestasse (almeno) a 34 punti. In realtà, si è dimezzato, precipitando fino a 19,2 punti. Una dèbacle. Eppure, a luglio, c’era stata una ventata d’ottimismo che faceva partire i livelli di fiducia da 41,8 punti. La componente dello Zew relativa alle condizioni attuali cala a -77,3 da -68,9. Le attese erano per un calo a -74,5. Peggio di così, c’è solo da scavare. O da mantenere, ancora per tanto tempo, i tassi in territorio recessivo. Ma questa è un’altra storia, per quanto profondamente connessa. Nella sfiducia agostana ha pesato (anche) la compressione del Pil, nel secondo trimestre di quest’anno, dello 0,1% quando, invece, ci si attendevano segnali di crescita. La locomotiva d’Europa è a secco di fiducia e la sua economia sta traballando. E, con essa, anche l’Italia. I rischi di un contraccolpo sulla nostra economia dalle cattive notizie che arrivano dalla Germania, sia in termini di Pil che di fiducia che non c’è più. ci sono. E inquietano gli analisti proprio alla vigilia di un mese di settembre che, per varie ragioni, sarà decisivo per il futuro di tutto il Vecchio Continente.