Esteri

Gaza, Hamas apre all’accordo sul cessate il fuoco. Gallant avverte Hezbollah: “Pronti a combattere”

di Ernesto Ferrante -


La riposta di Hamas all’ultima proposta per un accordo sul cessate il fuoco e sugli ostaggi “è stata costruttiva e apre la porta a negoziati più dettagliati che potrebbero portare a un accordo”. A riferirlo sono stati due alti funzionari israeliani al sito di informazione Axios dopo che il Qatar e l’Egitto hanno consegnato a Israele la risposta aggiornata del gruppo sunnita.
Il movimento islamico di resistenza ha fatto sapere che il suo leader Ismail Haniyeh è stato in contatto con i mediatori per discutere le idee per un’intesa. “Il movimento ha affrontato con uno spirito positivo il contenuto delle deliberazioni in corso”, si legge nella dichiarazione riportata da Al Jazeera. I membri della fazione palestinese hanno anche analizzato i recenti sviluppi con i loro sodali che si trovano in Turchia. “Abbiamo scambiato alcune idee con i mediatori con l’obiettivo di fermare la guerra e il ritiro completo dalla Striscia di Gaza”, ha spiegato Hamas in un comunicato, rimarcando di essere stato flessibile nelle sue richieste, mentre Israele “cerca di ingannare ed eludere”. Solo due o tre persone sanno dove si trovi Yahya Sinwar. Lo hanno sottolineato fonti dell’organizzazione al quotidiano in lingua araba, ma con sede a Londra, Asharq Al-Awsat. “Una cerchia molto ristretta di non più di due o tre persone al massimo sa dove si trova e soddisfa le sue varie esigenze, oltre a permettergli di comunicare con i leader del movimento all’interno e all’esterno”, ha affermato una fonte, secondo cui Sinwar non è tra i leader di primo e secondo livello che lo Stato ebraico ha assassinato o ferito durante le operazioni militari a Gaza. “Sinwar pensa a due opzioni: o si soddisfano le condizioni della resistenza per fermare la guerra attraverso il ritiro delle forze di occupazione ed il completamento di un accordo onorevole per lo scambio di prigionieri, oppure ottenere l’onore del martirio”, ha proseguito un informatore. L’idea di un suo esilio dall’enclave palestinese, è “fondamentalmente inaccettabile”. Israele e le Nazioni Unite stanno negoziando il dispiegamento del sistema di comunicazione SpaceX Starlink di Elon Musk a Gaza come parte di un piano per aumentare la sicurezza degli operatori umanitari delle Nazioni Unite nell’area.
Le Nazioni Unite hanno detto agli israeliani che SpaceX Starlink è un requisito affinché si possa riprendere a pieno la distribuzione di aiuti in tutta la Striscia. Ma Israele teme che possa cadere nelle mani di Hamas, rendendo più difficile per la sua intelligence monitorarne le comunicazioni.
Alcuni ostaggi israeliani hanno tentato di suicidarsi durante la loro prigionia. Lo ha scritto su Telegram Abu Hamza, il portavoce delle Brigate al-Quds, braccio armato della Jihad Islamica, evidenziando “l’estrema frustrazione provata” quando hanno capito che “il governo ignorava la loro causa”. “Continueremo a trattare gli ostaggi allo stesso modo in cui vengono trattati i nostri prigionieri da Israele”, ha continuato Hamza. I carri armati israeliani che lasciano Rafah una volta conclusa l’offensiva militare di terra “possono raggiungere il Litani”, fiume nel sud del Libano non lontano dal confine con Israele. Lo ha annunciato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant incontrando le truppe al confine. Le forze israeliane devono essere pronte a qualsiasi “azione necessaria” contro Hezbollah, ha continuato Gallant, prima di specificare di preferire la strada negoziale.
Quello del ministro è stato un vero e proprio avvertimento: “Stiamo colpendo Hezbollah molto duramente ogni giorno e raggiungeremo uno stato di piena prontezza per intraprendere qualsiasi azione richiesta in Libano o per raggiungere un accordo da una posizione di forza. Preferiamo un accordo, ma se la realtà ci costringe, sapremo come combattere”. Gli uomini di Nasrallah hanno rivendicato di aver lanciato più di 200 razzi contro il territorio israeliano per rispondere all’uccisione di un loro comandante, Muhammad Neamah Naser, in un raid israeliano sul sud.


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