Gas serra: dopo 33 anni va meglio per il traino delle rinnovabili ma i trasporti sono “maglia nera”
Nel nostro Paese nel 2023 le emissioni nazionali dei gas serra sono diminuite del 26% rispetto ai livelli del 1990. Un andamento che Ispra spiega nell’aumento dell’efficienza energetica prodotta dalle fonti rinnovabili nei settori industriali e nel passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio.
Non tutti i settori presentano però una riduzione delle emissioni: quelle prodotte dal settore dei trasporti, che derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale, continuano ad aumentare anche nel 2023 e sono oltre il 7% rispetto al 1990. Insomma, nonostante le direttive europee, i livelli emissivi dei trasporti stradali sono rimasti costantemente elevati, attestandosi sui valori del 2014 e determinando così il superamento del tetto massimo consentito. Fenomeno che, al solito, è conseguenza di infrastrutture ancora complessivamente inadeguate.
Dietro la lavagna con i trasporti (28% del totale), nell’Inventario nazionale delle emissioni dei gas serra di Ispra, i settori della produzione di energia (21%), residenziale (18%) e dell’industria manufatturiera (13%): quelli che contribuiscono ad oltre la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti.
Questo gap che specificamente è prodotto dal settore dei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato nel 2021 (5.5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) ma pure nel 2022 e nel 2023.
Criticità cui serve a poco la manovra Ue. Già l’anno scorso il rapporto The state of European transport 2024 realizzato dalla Federazione europea per il trasporto e l’ambiente, un gruppo di organizzazioni non governative attive nel campo dei trasporti e dell’ambiente evidenziava che, a causa della lenta decarbonizzazione del settore, nel 2030 questo comparto potrebbe contribuire al 44% delle emissioni totali dell’Ue. Le misure previste dal Green deal europeo non sono sufficienti, sottolineava il r, perché con le politiche attuali le emissioni si ridurrebbero solo del 25% nel 2040, rispetto al 1990, e del 62% nel 2050.
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