Le fiammate del prezzo del gas continuano a preoccupare le imprese mentre precipita la produzione e si conferma la centralità delle infrastrutture per il sistema energetico italiano. Ieri, il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia, Fatih Birol ha parlato sui social del fatto che “i ricavi delle esportazioni di gas della Russia sono diminuiti drasticamente: ora sono inferiori del 40% rispetto a prima dell’invasione”, intendendo per questa la guerra contro l’Ucraina. Per Birol, l’Europa non ha che da tener duro: “È in arrivo una nuova ondata di forniture di gas naturale liquefatto, principalmente dagli Stati Uniti e dal Qatar, che potrebbe aiutare l’Europa a ridurre drasticamente le importazioni di gnl russo entro i prossimi due anni”. Queste notizie fanno il paio con quelle che arriverebbero dai piani alti del colosso energetico russo di Gazprom. Che potrebbe, presto, procedere con una sorta di licenziamento di massa. La conferma sarebbe giunta, all’Afp, da un portavoce dell’azienda. Al centro della vicenda, una lettera risalente al 23 dicembre dello scorso anno, sottoscritta dal Ceo Alexei Miller e dalla vicepresidente Yelena Ilyukhina secondo cui ci si starebbe preparando a tagliare, drasticamente, il numero dei dipendenti. Che, dagli attuali 4.100 passerebbero a circa 2.500 unità di lavoro. La decisione la conseguenza degli affari (mancanti) con l’Europa e di quelli che ancora non decollerebbero del tutto con Pechino. La Cina attende, prima di firmare nuovi accordi, che il gasdotto Power of Siberia 2 sia completato. Tutto ciò accade mentre, ad Amsterdam, il prezzo del gas al megawattora inizia a registrare nuovi rincari superando la soglia dei 48 euro al Mwh. Livelli di costi che fanno tremare le imprese. Costrette, adesso, a organizzarsi per tentare, nei limiti del possibile, di limitare gli esborsi. Nel Nord-Est, le industrie fanno fronte comune e organizzano, sotto l’egida di Confindustria Veneto Est, un gruppo d’acquisto. Per il momento, hanno già aderito 59 imprese. Ma presto potrebbero decidere di farlo anche altre. Dal settore metalmeccanico (automotive, metalli), fino alla gomma plastica, passando per il comparto chimico, cartario giungendo poi alle aziende tessili, ai calzaturifici, le industrie di trasformazione e conservazione alimentare, edilizia, legno arredo. Non c’è nessuno che si salvi dalla “fiammata del prezzo del gas” che giunto fin sulla soglia dei 50 euro “più del doppio rispetto a undici mesi fa” preoccupa l’intera industria del Nord Est dal momento che “i costi energetici elevati rappresentano, infatti, una barriera significativa per la competitività e la crescita industriale in un anno già complesso come il 2025”. Finora, fanno sapere da Confindustria Veneto Est, “le 59 imprese associate complessivamente acquistano in forma aggregata circa 40 milioni di kWh di energia elettrica e circa 2 milioni di metri cubi di gas metano” riuscendo a garantirsi una “riduzione dello spread di almeno il 50% rispetto ai contratti di fornitura in essere”. Il sistema delle imprese, nella parte orientale del Veneto, tampona una situazione ad altissima tensione. Che riporta il focus dell’attenzione su quanto, in Italia, si fa per la produzione e l’approvvigionamento di materie prime energetiche. Un tema decisivo che passa, per ovvie ragioni, da quello legato alle infrastrutture. I numeri, per quanto riguarda la produzione, non sono davvero incoraggianti. Secondo Federpetroli, che cita dati diffusi dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica, in dieci anni il Paese ha perso più della metà della sua produzione nazionale, passando dai 7,3 miliardi di metri cubi di gas prodotti nel 2014 a 2,3 miliardi fino al mese di ottobre dello scorso anno. Un declino costante e continuo che, negli ultimi anni, è stato confermato dai numeri: nel 2023, difatti, la produzione si è fermata a 3 miliardi di mc. E mentre si affrontano questi dati non proprio rassicuranti, in Italia continua il dibattito sulle infrastrutture energetiche. La cui centralità ha confermato, in un’intervista al Corriere della Sera, Stefano Venier, amministratore delegato di Snam: “Nel 2023 e nel 2024 abbiamo avuto il via a opere per oltre 4 miliardi dal ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica e dalle Regioni e in questo momento abbiamo oltre 700 cantieri aperti”. Anche in questo caso, i dati sono decisivi: “Il rigassificatore di Piombino, come del resto quello che entrerà in esercizio a primavera a Ravenna, è fondamentale. Finora hanno attraccato oltre cinquanta navi. La Italis è prenotata dal mercato per altri 19 anni. C’è bisogno di aggiungere altro per spiegare perché è un investimento strategico?”. Ecco, appunto.