Attualità

Gallo sr, Gallo jr e le rogne del malaffare Piemonte per Schlein

di Angelo Vitale -


Tredici mesi fa, eletta nell’assemblea nazionale del partito, Elly Schlein promise trasparenza, legalità e semaforo rosso al controllo delle tessere e al malaffare nel Pd: ora, l’affair Gallo in Piemonte. Dopo i fatti della Puglia e il tracollo a Bari del campo largo, la trae dall’imbarazzo Raffaele Gallo, capogruppo del partito nel Consiglio regionale del Piemonte, dopo lo scoppio dell’affair politico-giudiziario che anche in quella regione travolge il Pd. Lascia la sua poltrona a Palazzo Lascaris, il figlio del politico 85enne che fu nel Psi di Bettino Craxi e ora è nel partito di Elly Schlein, e si ritira dalla corsa per le prossime Regionali dove addirittura era dato per capolista. Prima di questa sua mossa, inerti erano rimasti nei giorni scorsi il Pd piemontese (“Vuoi una politica liberata dai grandi interessi?”, l’invito al tesseramento sulla pagina web) e quello nazionale.

Mentre – così le cronache – il Pd ha “in cantiere” contromisure contro il ripetersi di casi che il Nazareno identifica in “esponenti politici transitati dalla destra” guardano ai prossimi appuntamenti elettorali, in particolare quello delle Regionali in Campania, i “cantieri” sulle prime pagine per i fatti emersi dalle indagini della magisttratira sono quelli infiltrati dalla ‘ndrangheta e finora facile “zona franca” per le disinvolte operazioni condotte nella zona perfino da partecipate pubbliche.

Nella bufera, la famiglia Gallo, a partire dal capostipite Salvatore, da tutti affettuosamente chiamato Sasà e sul quale ora si rileva che non erano proprio sconosciute le sue manfrine nel controllo delle tessere di partito per orientare nomine ed elezioni, fino alla candidatura a sindaco di Torino. Esperto, Sasà, anche nel traffico di altre “tessere”, quelle utili a non pagare il pedaggio autostradale sulla Torino-Bardonecchia, amicalmente concesse a politici, uomini della Pubblica amministrazione, medici e giornalisti a chissà quanti altri. La spia evidente di un malaffare generalizzato e di favori (ciascuno “da 50 voti”, così un passaggio dell’inchiesta) che stona non poco con l’etichetta dello spirito sabaudo.

Porta “rispetto verso il Partito democratico” Raffaele Gallo e si dice “in nessun modo coinvolto nell’indagine Echidna e totalmente estraneo a fatti vicini alla ‘ndrangheta”, per i quali è invece indagato il padre. Coinvolto in vicende che sembrano il racconto del peggior malaffare attribuito ai disinvolti politici del Mezzogiorno: scambio di voti perfino per anticipare i tempi di un intervento chirurgico e per spostare un cassonetto dei rifiuti o una fermata del trasporto pubblico locale.

Ciliegina su questa rancida torta, il caso di Roberto Fantini, a suo tempo eletto “in quota Pd” nell’Orecol, un Osservatorio della Regione deputato a vigilare sulla legalità degli appalti pubblici affidati dalla giunta piemontese. Fantini è finito ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, indiziato di aver favorito le infiltrazioni del clan nato in Calabria in una sostanziosa fetta di appalti pubblici, in particolare per quelli relativi ai lavori sulle autostrade Torino-Milano e Torino-Bardonecchia. Fantini è stato manager di Sitalfa, una società controllata da Sitaf impegnata nella manutenzione autostrade, per decenni regno incontrastato di Salvatore Gallo. Anche per la vicenda Fantini, il Pd è stato tratto d’impaccio, prima di ogni decisione “di partito” su di lui. Lo ha rimosso immediatamente dal suo incarico il governatore Alberto Cirio.


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