Cronaca

Francesco Spagna, Antropologo sfruttato come prof per 20 anni fa causa all’Università

di Ivano Tolettini -


Ventotto pagine di curriculum scientifico-didattico disponibili in rete, a testimonianza di una ventennale attività professionale di prim’ordine in uno dei templi della cultura italiana come l’Università di Padova, suggellata da numerose pubblicazioni, non bastano finora al prof Francesco Spagna, apprezzato antropologo di 62 anni, per essere equiparato sul piano economico a un docente di ruolo nonostante dal 2004-2005 svolga corsi di insegnamento per numerose facoltà del secondo ateneo più antico d’Italia. La sua docenza a contratto si è strutturata di fatto in un precariato intollerabile, con stipendi del tutto inadeguati per un profilo intellettuale come il suo – 12 mila euro lordi annui per 200 ore di insegnamento frontale, cui si aggiungono giornate per esami, tesi e ricevimenti – e che la dicono lunga sulla considerazione del lavoro intellettuale, ma non solo, in Italia, da tempo al centro di un dibattito che coinvolge tutti i comparti perché troppo spesso è sottopagato. Così a un’età in cui di solito uno comincia a compulsare il suo cassetto previdenziale per farsi un’idea sulla prossima pensione, invece al prof Spagna è toccato rivolgersi a un giuslavorista veneto, l’avvocato Alberto Impellizzeri di Padova con studio a Venezia, per fare causa all’Università patavina, che dal 2001 al vertice ha visto approdare come rettrice una donna, la prof. Daniela Mapelli. “In buona sostanza – argomenta l’avv. Impellizzeri – l’attività svolta dal prof Spagna come docente a contratto risulta sovrapponibile a quella dei colleghi che sono formalmente inquadrati nelle categorie di ruolo a tempo pieno. Tuttavia, lui non beneficia di un analogo trattamento economico”. Francesco Spagna, che migliaia di laureati e studenti chiamano “prof”, nonostante le promesse rinnovate nel tempo e risultate vane di stabilizzarlo, assorbito dal gravoso impegno a tempo pieno previsto dai contratti stipulati con varie facoltà – da Scienze Politiche a Psicologia e Sociologia; da Scienze della Formazione alla Laurea Infermieristica – ha visto scivolare via gli anni senza potere svolgere, salvo rare eccezioni, altre attività, se non quelle prestate in favore dell’ateneo patavino. “La posizione di docente a contratto è estremamente penalizzante – spiega Spagna ai cronisti – e mette in una condizione poco dignitosa dal punto di vista della retribuzione. Quando cominciai a prendere i primi contratti la retribuzione era diversa, ma dopo la riforma Gelmini c’è stato un calo consistente e al momento ho una retribuzione di 1.800 euro lordi per 42 ore di lezione”. È uno stipendio avulso da qualsiasi logica di tutela del lavoro intellettuale, tenuto conto dell’impegno a tempo pieno che ha assorbito Francesco Spagna per rispondere ai criteri di professionalità richiesti da una Università come quella di Padova, vanto tra le istituzioni scolastiche italiane. Egli ha ricevuto importi annuali risibili se confrontati a quelli che hanno percepito docenti associati a tempo pieno. Questi raffronti fanno parte del corposo ricorso presentato dall’avvocato Impellizzeri per la causa che in Tribunale entrerà nel vivo a partire dal prossimo febbraio, sempre che nel frattempo le parti non raggiungano un onorevole accordo a tutela della vita professionale spesa da Spagna per l’Università. Dalla lettura degli atti si evidenzia che considerando che il prof Spagna ha iniziato a svolgere attività di didattica frontale superiore alle 120 ore già dal 2008, quindi per sedici anni era sostanzialmente a tempo pieno, nel 2021 avrebbe dovuto percepire una retribuzione annua lorda superiore ai 74 mila euro, anziché 5.670 euro. Numeri, come si legge, che parlano da soli. Le norme in ambito universitario sono analoghe a quelle che disciplinano altri settori del pubblico impiego, dove si possono concludere rapporti di lavoro estemporanei soltanto per colmare transitori deficit d’organico. Invece, com’è stato sottolineato da più partiti in questi anni, a causa delle ristrettezze della finanza pubblica le indicazioni legislative sono state “costantemente violate – analizza Impellizzeri – per far assumere a normale modalità di gestione delle carenze di organico uno strumento per sua natura residuale e rispondente a speciali casistiche. Ciò è avvenuto nei più disparati ambiti – enti locali, sanità, ministeri ed altro -, e le università italiane non rappresentano un’eccezione”. Come nel caso del prof Spagna, che per vent’anni di insegnamento accademico è stato pagato in modo insufficiente. E di fatto è stato sfruttato come professore.


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