Salute

Fondazione Onda: “Disuguaglianze di genere ostacoli al benessere femminile”

di adnkronos -


(Adnkronos) – Le disparità di genere sono ancora molto presenti nella nostra società e, gravando negativamente sulla salute psicofisica, costituiscono uno dei maggiori ostacoli al benessere di donne e ragazze. Questi i temi motivo di confronto tra esponenti di Istituzioni, società scientifiche ed esperti in occasione del VII Congresso nazionale di Fondazione Onda, dal titolo “L’impatto delle diseguaglianze di genere sulla salute e sulla ricerca scientifica”, in corso fino al 28 settembre in modalità virtuale. Nella società di oggi – si legge in una nota – persistono diseguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari legate a vari determinanti di salute: condizioni ambientali, socioeconomiche, culturali, di istruzione, di reddito, di rete famigliare e sociale. In particolare, in alcune aree terapeutiche affrontate nel congresso, salute mentale, oncologia, salute sessuale e riproduttiva, salute cardio-metabolica, persistono diseguaglianze nell’accesso ai servizi di prevenzione, diagnosi e cura. "E' ormai noto che le disuguaglianze nella salute, inclusa la salute mentale, nascano a causa delle disuguaglianze presenti nella nostra società, nelle condizioni in cui le persone nascono, crescono, vivono, lavorano e invecchiano – afferma Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda – Vi sono particolari gruppi di popolazione con specifici bisogni di salute e maggiori difficoltà di accesso ai servizi: donne vittime di violenza, persone in carcere, migranti, transgender. È nostro compito alleviare le disuguaglianze presenti, nell’ottica di alleggerire anche il carico morale e mentale che grava su chi è svantaggiato, che purtroppo spesso sono donne. È oltremodo importante dare un contributo per ridurre il gender gap in sanità e nella ricerca scientifica”. Le donne hanno un “buon accesso al mondo della salute, c’è però un ambito, quello lavorativo e del relativo maggiore carico, in cui le diseguaglianze – aggiunge Claudio Mencacci, presidente Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) – sono particolarmente evidenti. Questo ha un pesante riflesso sulla salute mentale: ansia, depressione, disturbi del sonno sono le manifestazioni più frequenti che potrebbero attenuarsi se nel mondo del lavoro ci fosse maggiore equità nelle retribuzioni, migliore conciliazione dei tempi e soprattutto culturalmente una maggiore considerazione e valorizzazione del lavoro femminile che spesso è doppio rispetto a quello maschile”. Tra i fattori che influenzano la salute, sono da annoverare non solo le differenze di genere, ma anche le disuguaglianze che si creano a causa di condizioni ambientali, socioeconomiche e culturali svantaggiate. In quest’ottica è stata condotta e presentata l’indagine “La mobilità per diagnosi e cura: il punto di vista del paziente” svolta da Elma Research per identificare e quantificare la disparità di accesso alle cure oncologiche in funzione del luogo di residenza. I dati raccolti, in relazione a neoplasie mammaria e polmonare, mostrano che il luogo di residenza definisce le scelte e i comportamenti legati alla salute, infatti, il 40%, è in cura in una struttura fuori dal comune di residenza, questa migrazione verso altri comuni in un terzo dei casi è dettata da necessità in quanto mancano nel proprio comune di residenza centri in grado di fornire cure ed esami di cui si ha bisogno, mentre nel 57% dei casi è perché si vuole raggiungere centri riconosciuti come importanti in grado di fornire le cure migliori. Nelle zone a bassa accessibilità lo spostamento verso centri di cura al di fuori della propria area di residenza è decisamente maggiore (45%). Lo spostamento, anche se volontario, ha un forte impatto sul paziente, incidendo soprattutto a livello economico (32%), impegnativo a livello di trasporti (2%), doloroso a livello emotivo (24%) e comporta una rinuncia ad impegni sociali (17%). “Dalla survey con i pazienti possiamo vedere che la mobilità verso i luoghi di cura non è una scelta tra diverse opzioni possibili ma spesso è un obbligo che impatta a livello economico, relazionale e sociale – sottolinea Massimo Massagrande, Ceo Elma Research – Inoltre, molto spesso i pazienti non sono informati dell’esistenza e della possibilità di accedere a trial clinici, nel momento in cui non sono più presenti altre terapie attive. E, anche quando sono a conoscenza di questa possibilità terapeutica, spesso la rifiutano appunto per la distanza. Attraverso una survey sugli oncologi, i cui risultati saranno disponibili a breve, cercheremo di capire l’altro lato della medaglia”.  “È evidente il disagio e la percezione di discriminazione di pazienti costretti a viaggiare per sentirsi curati al meglio – conclude Filippo de Braud, direttore Oncologia medica ed ematologia, Fondazione Ircss Istituto Tumori, Milano – Tuttavia, eccellenza è frutto di organizzazione ed esperienza basata anche sui volumi delle casistiche. Questo impone la necessità di scelte organizzative Nazionali e Regionali per garantire il miglior percorso diagnostico e terapeutico a tutti i pazienti nel rispetto del diritto a curarsi per vivere e non vivere per curarsi”.  Il Congresso è reso possibile grazie al contributo incondizionato di Hra-a Perrigo Company, Janssen Cilag Spa, Korian, Laboratoires Expanscience Italia Srl e Pfizer Srl.
 —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)


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