Attualità

Fino a 3 miliardi con un taglio di 15mila posti di lavoro il peso dei dazi Usa sull’automotive

di Angelo Vitale -


I dazi Usa del 25% nel settore automotive annunciati ieri dal presidente Usa Donald Trump, peserebbero sul fatturato delle imprese italiane con una perdita tra 1,4 e 3 miliardi di euro, causando danni soprattutto ai subfornitori (fino a 2,5 miliardi) per la loro dipendenza dalla filiera europea, Unimpresa rileva che l’impatto sull’occupazione provocherebbe la perdita di 9.700-15.500 posti nelle pmi e negli stabilimenti legati all’export del settore auto.

Per la presidente Giovanna Ferrara i dazi Usa sono “un colpo al cuore delle nostre piccole e medie imprese, già provate da anni di transizioni difficili e promesse non mantenute, di fronte alla quale serve una risposta non solo difensiva, con contromisure Ue, ma una svolta coraggiosa, diversificando i mercati e puntando sull’elettrico con incentivi veri, senza ulteriori annunci”.

Nel dettaglio dello studio Unimpresa, i produttori di veicoli finiti come Stellantis subiranno un calo del fatturato tra 61 e 200 milioni di euro, legato all’export verso gli Usa (406 milioni annui), i sistemisti e modulisti come Marelli e Bosch Italia perderanno tra 100 e 225 milioni, subfornitori – spina dorsale della filiera con 25 miliardi di fatturato – subiranno una dura contrazione tra 1,2 e 2,5 miliardi per la loro dipendenza dall’export europeo e soprattutto tedesco, gli specialisti motorsport e aftermarket, come Brembo, limiteranno i danni a 25-70 milioni.

Una perdita non solo economica: con 270mila occupati nel settore, l’Italia potrebbe veder diminuiti fino al 5,7% i posti di lavoro. Stimati tagli da 7mila a 10mila posti in Piemonte e Lombardia per i 130mila dei subfornitori, da 1.000 a 2mila posti negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano per Stellantis, da 1.500 a 3mila per i sistemisti e modulisti, solo fino a 500 posti per gli specialisti. Senza misure immediate, sottolinea Ferrara, “il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui abbiamo lasciato morire un pezzo della nostra identità industriale”.


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