Fine lavoro mai. L’Istat certifica che, in vent’anni, gli over 50 ancora al lavoro sono raddoppiati passando da 4,6 milioni del 2005 a 9,9 milioni di oggi. Ciò accade mentre gli under 35 impiegati sono sempre di meno: da 7,4 milioni, in vent’anni, sono diminuiti a 5,4 milioni. Gli analisti si sperticano negli anglicismi: rehiring, longennials. Il fatto che, però, appare più probabile è che questo non sia altro che l’effetto, inevitabile, dell’allungamento dell’età pensionabile. Fine lavoro mai. Con la duplice conseguenza: gli anziani a sgobbare, i giovani a poltrire impossibilitati a metter su famiglia. Il ministro a Lavoro e Politiche sociali Marina Elvira Calderone ha affermato al Consiglio Europeo di Bruxelles, proprio là dove viene caldeggiato ogni scatto in avanti della sospirata età pensionabile, che “promuovere l’invecchiamento attivo significa senz’altro contribuire alla sostenibilità dei nostri sistemi di sicurezza sociale”. In pratica, con meno pensioni da pagare, i bilanci dello Stato rischiano meno. C’è, però, da sottolineare, per il ministro, quanto sia “importante fare in modo che la scelta di prolungare la permanenza nel mondo del lavoro da parte dei lavoratori anziani sia una scelta libera e premiante per gli individui e per la collettività”. L’Italia, ha spiegato Calderone, ha messo a punto un provvedimento per cui chi, pur maturando i requisiti per l’età pensionabile, decide di restare a lavoro incassando “un salario più alto”. “Dobbiamo infatti guardare al lavoro in età matura come a una opportunità per le nostre economie”, ha detto, “e al contributo che i lavoratori più anziani possono dare alla competitività dell’economia europea in un contesto di carenza di manodopera e invecchiamento della popolazione”.