Economia

Le tre lezioni Fed che taglia i tassi di mezzo punto

di Cristiana Flaminio -


La decisione della Fed che abbatte di mezzo punto percentuale i tassi di interesse sul dollaro ci rivela tre cose. La prima: non si può combattere una guerra all’inflazione con metodi tanto radicali ed ideologici nel bel mezzo di uno scontro economico e commerciale epocale come quello tra la Cina e l’Occidente. La seconda: troppo spesso i maestri (in questo caso la Fed) inculcano idee che gli allievi (cioè la Bce) non fanno altro che estremizzare portandole alle conseguenze più estreme. A Francoforte, dove Lagarde e soci hanno deciso di continuare a tenere un basso profilo di tagli e una comunicazione arcigna, devono averla presa malissimo. Forse tagliare di mezzo punto, tutto in una volta, i tassi di interesse non avrebbe causato alcuna apocalisse. Probabilmente le richieste politiche che arrivavano anche dall’Italia, sarebbero state trattate con meno superficialità e snobismo dal momento che, oggi, è la Fed che dà ragione ad Antonio Tajani. Che chiedeva un taglio di almeno 50 punti base alla Bce e che, invece, è stato liquidato con un secco: “non dipendiamo dalla politica”. Eccola, la terza cosa: in America c’è una campagna elettorale in corso. Polarizzante, divisiva, totale. E la Fed, la sua mossa politica, la muove (di mezzo punto) accontentando industrie e mercati, interlocutori non certo secondari nella sfida per la Casa Bianca. Jerome Powell, governatore della Fed, sa bene che in caso di elezione di Trump dovrà raccogliere i suoi effetti personali e abbandonare ruolo e incarichi. Allora la terza lezione è quella che Lagarde e soci fingono di non conoscere: c’entra, eccome, la politica nelle decisioni di politica monetaria.


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