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Fatture false per miliardi. L’ultima inchiesta della Finanza di Brescia: arrestate 10 persone frode fiscale di 160 milioni

di Ivano Tolettini -


È una delle industrie criminali più prospere del Paese. Con un centinaio di miliardi di euro di evasione fiscale annua, 26 miliardi dei quali per il mancato versamento dell’Iva – l’Italia è di gran lunga lo Stato della Ue con il maggiore tax gap, l’indicatore che misura il divario tra il gettito teorico e quello effettivo -, il compito che affrontano quotidianamente la Guardia di Finanza e la magistratura è improbo a causa di un malcostume molto diffuso. Basti dire che le sole Fiamme Gialle in Lombardia tra gennaio 2022 e maggio 2023 hanno segnalato alle Procure competenti 2.530 frodi dell’Iva imperniate sulle fatture fasulle – il pezzo forte degli evasori – per un ammontare di 2,1 miliardi di euro. Un mondo in cui l’economia reale intreccia rapporti perversi con chi spesso di mestiere mette a disposizione dell’imprenditoria (sana) le armi per potere avere un vantaggio competitivo sulla concorrenza. Il patrimonio sequestrato ai grandi evasori lombardi, nel periodo considerato, è stato di 777 milioni di euro con 167 persone arrestate, anche se è notorio che l’effettivo recupero di quanto evaso è poca roba in termini complessivi. Come del resto annualmente segnalano più organi istituzionali. Senza considerare i periodici colpi di spugna, sottoforma di sanatorie, che rappresentano un vantaggio per chi delinque.

BRESCIA
L’ultimo clamoroso caso all’attenzione delle cronache nazionali è avvenuto due giorni fa a Brescia dove sei persone sono finite in carcere e altre quattro ai domiciliari per la classica associazione per delinquere finalizzata all’emissione e uso di fatture per operazioni inesistenti per 160 milioni di euro. I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della compagnia di Rovato hanno messo sotto inchiesta 80 persone e 48 società, di cui 21 straniere, che hanno alimentato il tradizionale valzer di fatture false a cavallo delle province di Brescia, Bergamo, Mantova, Monza-Brianza, Cremona, Como, Cuneo, Udine e Verona. Al centro delle indagini i fratelli Massimiliano e Federico Borghesi, proprietari di un’azienda di metalli ferrosi, destinatari di un’ordinanza cautelare in carcere, che avrebbero intrattenuto rapporti anche con il quarantenne Roberto De Pedro, a casa dei cui genitori i finanzieri, coordinati dai pm Carlotta Bernardini e Bendetta Callea, hanno rinvenuto 1 milione di euro in banconote da 50 euro, che è stato subito sequestrato perché ritenuto provento delle attività illecite. Il meccanismo della frode si basava sulle fatture che la Finanza ha appurato servivano per le vendite a una società “filtro”, che aveva operatività commerciale e disponeva di una struttura aziendale, la quale fatturava a 15 aziende operanti in Italia e all’estero che grazie al sistema della restituzione di denaro contante, da cui era defalcato l’8% riservato alla cartiera, alimentavano costi fittizi per abbattere l’imponibile sui redditi e avevano una provvista non solo per acquisti in nero, ma anche in teoria per pagare mazzette.

BERGAMO
Tre giorni prima la Guardia di Finanza di Bergamo aveva arrestato Roberto Polese di Martinengo con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio, mentre il fratello Marcello, che abita in Svizzera, è latitante negli Emirati Arabi. Roberto Polese per la Procura ha emesso fatture false in qualità di presunto amministratore di fatto di 21 società per non versare l’Iva e le imposte sui redditi. Inoltre, avrebbe trasferito 8,4 milioni di euro, che si sarebbe appropriato in modo indebito, compensandoli con crediti inesistenti ad aziende in Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Germania, Lituania, Slovacchia, Svizzera, Ungheria e in Asia. Il gip Anna Calabi nell’ordinanza di custodia scrive che Roberto Polese è “il baricentro del riciclaggio in quanto su di lui convergono i profitti illeciti che egli riesce a trasformare in denaro pulito da reimpiegare in attività lecite, fornendo un servizio a favore di numerosi imprenditori italiani”. Alcuni di loro non ancora individuati. Per i militari tra quelli che hanno beneficiato della frode Antonio Suma, fornitore del gruppo di logistica e spedizioni Brt, e Pierantonio Pegoraro, fondatore di Cegalin-Hotelvolver, gruppo attualmente commissariato.

AMORRA E ’NDRANGHETA
Neanche la criminalità organizzata, ovviamente, si sottrae ai magheggi con le fatture false per raggirare lo Stato. Negli ultimi giorni due inchieste della magistratura di Napoli e di Reggio Emilia hanno registrato gli appetiti di Camorra e ’Ndrangheta. La prima dei carabinieri sul clan Contini, nell’ambito della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, sul gioco d’azzardo, ha messo in luce un’associazione a delinquere di stampo mafioso con 16 persone indagate per esercizio abusivo dell’attività finanziaria, riciclaggio, autoriciclaggio e false fatturazioni con estorsioni ai danni di giocatori debitori del clan. In Emilia, invece, sono 77 gli indagati nell’ambito di un’inchiesta con al centro 8 società che avrebbero evaso 13,4 milioni di euro con fatture false. In questo caso le Fiamme Gialle su ordine del gip di Bologna hanno sequestrato 2,5 milioni di euro e hanno bloccato conti correnti. L’indagine sia nell’edilizia che nel settore alimentare, tra cui il commercio delle carni, fa seguito all’operazione “Perseverance” che nel 2021 portò alla cattura di 8 persone ed a 22 condanne in primo grado con rito abbreviato davanti al gup, tra cui quella a 18 anni a Giuseppe Sarcone Grande. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche condotte dalla Dda bolognese sono emerse minacce di “gambizzare e gettare l’acido”.


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