Fatima e gli altri: a Gaza le vite sospese prima dell’attacco finale
gaza e gerusalemme
Fatima e gli altri, a Gaza. “Stanotte alle 3 la casa del referente della Gelateria Sociale è stata bombardata. Ero sveglio alla frenetica ricerca di notizie sui bombardamenti a tappeto in corso, mentre il resto della mia famiglia cercava di riposare. All’improvviso, un tremendo boato mi ha fatto ritrovare in piedi ricoperto di polvere, in mezzo al fumo e all’odore della polvere. Una bomba. Mia sorella urlava: ‘Vai da mamma!!’ Mi sono precipitato da lei che ha 93 anni. Inciampando, mi sono accorto che la finestra era saltata in aria, nella parete c’era una grande voragine. Di sotto, la strada non si vedeva per quanta polvere e macerie c’erano. Abbiamo con i vicini adagiato la mamma su una sedia. Poi, lunghissimi minuti per uscire da casa e andare a rifugiarci da loro”.
Una voce senza nome, nel diario di Vento di Terra. Un diario che è quotidiano solo quando i messaggi da Gaza si rinnovano: da due giorni non ne arriva nessuno. L’onlus italiana opera nella Striscia dal 2010: il prossimo 16 ottobre saranno passati quattro anni proprio dal via della Gelateria Sociale, uno dei tanti progetti sviluppati per favorire “la normalità” in un “territorio di frontiera” come i tanti altri, in Giordania, in Afganistan o Haiti, per i quali la cooperazione parte, o riparte, ogni volta da zero.
La presidente Barbara Archetti ci aiuta a conoscere le “pieghe di vita” di queste voci di Fatima e gli altri, da Gaza: “A Gaza la vita normale è una parentesi in uno spazio chiuso, circondato da muri o da blocchi navali, con due soli accessi, uno per le persone e uno per le merci. Lì c’è il nostro team, che ogni volta tra i palestinesi formiamo indirizzandolo all’autogestione, all’imprenditorialità sociale e femminile, ai laboratori di riuso e produzione. Maestre, psicologhe, assistenti sociali, donne e madri”.
E ogni volta – “anche prima di sabato scorso, a Gaza le escalation di violenza sono state continue” – si riparte da zero. Come nel 2014, quando la prima scuola per l’infanzia “La Casa dei Bambini” realizzata a Um Al Nasser fu rasa al suolo dall’esercito israeliano durante l’Operazione Margine Protettivo.
Fatima è una di queste donne che cercano la normalità con Vento di Terra. Si è rifugiata insieme a tre delle sue sorelle e a tre nipotini da alcuni parenti che si sono offerte di ospitarle visto che il loro villaggio è troppo vicino al confine. Sono in sette in una sola stanza. Dormono, mangiano e passano la giornata chiuse dentro casa: “E’ troppo pericoloso. Abbiamo ancora cibo e acqua, ma non è così per tutti. Scappando dal villaggio, sulla strada abbiamo incontrato qualcuno che ce ne ha dato e ora ne abbiamo ancora un po’ di scorta”.
Il villaggio di Fatima, 5mila anime, ora è vuoto. Troppo vicino al valico di Erez, troppo forte il rischio che i suoi abitanti siano messi in mezzo tra il fuoco di Israele e quello di Hamas che ha i suoi campi di addestramento lì vicino. Abbandonata la più recente “Casa dei Bambini”, ove i minori erano 130 e 200 le donne coinvolte nelle attività formative e di produzione in una cooperativa.
Da sabato scorso Fatima e i suoi familiari hanno già iniziato il loro “andare via”, ora ordinato da Israele a un milione di persone. Due parole, “un milione”, che significano le vite sospese di questa moltitudine in fuga. Fatima e la sua famiglia sono stati prima ospiti di una scuola dell’United Nations Relief and Works Agency a Jabalia dove le bombe sul mercato hanno fatto decine di morti, poi in un campo profughi. E poi ancora, in questi giorni, in un altro campo profughi a Nuseirat, per cercare di riavvicinarsi ad altri loro familiari.
Gli sfollati sono già 400mila, dice l’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs. Mentre anche l’Onu corre i suoi pericoli: limitati dallo Stato di Israele i movimenti dei loro operatori che hanno una carta d’identità palestinese.
Sul campo, le Nazioni Unite hanno all’opera da sabato scorso una Commissione di inchiesta che raccoglie prove di crimini di guerra, negli ultimi giorni esplicitamente attribuiti a tutte le parti in causa nel conflitto, criticando anche “l’assedio totale su Gaza che comporterà il ritiro di acqua, cibo, elettricità e carburante. Che senza dubbio costerà vite civili e costituirà una punizione collettiva”.
Quella da cui cerca di fuggire Fatima con la sua famiglia. Nelle ultime ore la onlus Vento di Terra sta promuovendo un appello rivolto a governi e istituzioni perché fermino l’attacco indiscriminato alla Striscia e la sua immediata evacuazione forzata.
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