Farinetti: il re del fiasco da Eataly a Fico
Siamo nel 2004 e ad un tavolo di un ristorante di Verduno sono seduti Sergio Chiamparino, ai tempi Sindaco di Torino, e Oscar Farinetti, che ha da poco incassato 528 milioni dal gruppo britannico Dixons, derivanti dalla vendita della catena “Unieuro”, fondata da suo padre Paolo, il celebrato comandante partigiano dell’albese. Comandante che ha avuto problemi con la giustizia, essendo stato condannato per ricettazione nel 1946, per aver “trattenuto” parte del bottino derivante da un furto di paghe destinate agli operai Fiat, riabilitato per buona condotta nel 1960. Ma torniamo al nostro tavolo del ristorante nelle Langhe.
Come racconta il libro “Il Mercante di Utopie”, biografia autorizzata di Farinetti, Chiamparino si mise nel piatto delle acciughe e chiese “Raccontami meglio questa Eataly”. Farinetti rispose: “Guarda un po’ qui Sergio, ecco che cosa voglio fare”. Il sindaco concluse: “Mi piace. Porterà ricchezza alla città e cultura”.
Chiamparino concesse a Farinetti l’ex fabbrica di vermouth Carpano per 60 anni, 11 mila mq., in cambio della sola ristrutturazione, i cui costi si aggirarono sui 6 milioni di euro, nonostante i pareri contrari delle opposizioni in Consiglio Comunale. In effetti un avviso di bando di gara per la concessione dell’immobile fu pubblicato su Repubblica: dimensione francobollo e testo incomprensibile.
Nel 2007 apre il primo Eataly, la vetrina dell’offerta gastronomica d’élite dei piccoli produttori, ai quali però vengono applicati pesanti fee di posizionamento sugli scaffali e politiche di prezzi e di pagamenti attuati dalla distribuzione organizzata. E chi si trova “impiccato” può venir acquisito da Eataly, che fa man bassa di piccole aziende. Anche i dipendenti non se la passano benissimo. Nel 2019 la testata on line Today.it denunciava le loro condizioni lavorative: 800 euro al mese per 40 ore settimanali, contratti di apprendistato, straordinari non pagati.
Ciò nonostante Eataly, dopo un inizio promettente, va malissimo, accumulando 100 milioni di perdita nel triennio 20/22 e la maggioranza della società due anni fa viene venduta alla Investindustrial di Andrea Bonomi. E quando le cose non vanno proprio benissimo e “ci vorrebbe un amico”, chi meglio di Matteo Renzi all’apice del suo successo politico? I venti ristoranti regionali nel padiglione Italia dell’Expo 2015 vengono affidati dal Commissario Straordinario Giuseppe Sala ad Eataly, senza alcuna gara.
A Farinetti viene chiesto il 5% sugli incassi (per Eataly 40 milioni) mentre agli altri ristoratori viene chiesto il 12%. Expo si accolla anche le spese per la luce, l’acqua e le celle frigorifere. L’Autorità Nazionale Anticorruzione presenterà un esposto, che verrà archiviato.
Altro esposto lo presenterà Piero Sassone, presidente di una delle più rappresentative scuole di cucina italiana per professionisti di tutto il mondo, l’Icif (Italian Culinary Institute for Foreigners), che avrebbe voluto concorrere per l’assegnazione della ristorazione del padiglione italiano.
A pochi mesi dalla fine dell’Expo, l’ICIF viene sottoposta dalla Guardia di Finanza ad una verifica fiscale durata due anni, conclusasi con un provvedimento di sequestro cautelativo di tutti i suoi beni emesso dalla Procura di Asti. Sassone riesce a chiarire la sua posizione con i magistrati e cadono tutte le accuse.
E sempre con l’amico Matteo alla Presidenza del Consiglio, a fine 2014 partono i lavori per il progetto Fico, Fabbrica Italiana Contadina, sui terreni del Centro Agroalimentare di Bologna, all’80% partecipato dal Comune. Farinetti promette 6 milioni di visitatori all’anno, in quella che dovrà essere la Disneyland del cibo italiano, dalla produzione alla trasformazione fino al piatto in tavola. Il terreno, 100 mila mq., valutato 60 milioni di euro, viene conferito ad un fondo denominato Pai, Parchi Agroalimentari Italiani, dove vanno a confluire anche tutti i fondi versati dagli investitori nel progetto, per un totale di 180 milioni. Partecipano, fra i tanti, la Coop Alleanza 3.0, Cna, Camera di Commercio, Fondazioni e Banche, l’editore del quotidiano Il Resto del Carlino. Capacità di persuasione di Farinetti, che nel progetto mette un solo milione, o fortissime pressioni politiche?
Farinetti si vanta di non aver mai avuto contributi pubblici ma, oltre al conferimento del terreno comunale, la Regione spende più di 4 milioni di euro per i “Ficobus”, pullman da 150 posti che collegano la stazione ferroviaria con il parco tematico. A parte i primi mesi di apertura, dal 2019 in poi il susseguirsi di bilanci in forte perdita, la dismissione di diverse aree interne e il disinteresse del pubblico, porta la società a dichiarare la chiusura a fine 2023.
Ma non finisce qui. Dal disastro di Fico nasce Grand Tour Italia, altra idea dell’affabulatore Oscar: degustazioni, osterie tipiche, corsi di cucina a rappresentare l’enogastronomia delle venti regioni italiane.
E gli investitori come recupereranno quanto “bruciato” da Fico?
Anche se nulla traspare ufficialmente dal Comune di Bologna, pare certo che sull’ex terreno conferito al fondo, sia in corso un progetto immobiliare per la realizzazione di 2.500 nuovi alloggi e di uno stadio temporaneo per permettere la ristrutturazione del vecchio stadio Dall’Ara. Quindi cambio di destinazione d’uso ed incremento del valore del terreno per permettere di rientrare dei propri capitali a chi aveva investito in Fico, volente o nolente.
Corte dei Conti, se ci sei, batti un colpo!
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