Editoriale

Fare il bullo non è da Potus

di Dino Giarrusso -


Est modus in rebus, diceva Quinto Orazio Flacco nelle sue Satire, creando un efficace motto latino. Avere un modo, dei limiti, un minimo senso della misura, sarebbe ottima regola per tutti noi. Se si hanno delle responsabilità pubbliche, istituzionali, darsi una regola(ta) diventa una conditio sine qua non. Ma oggi viviamo giorni pericolosi, in cui il Presidente del più grande e importante Stato del pianeta, gli USA, si permette di fare il bullo, urlare come se vendesse il pesce al mercato (mestiere nobile, quello, ma diverso dal POTUS), dire assurdità tipo “ci prenderemo la Groenlandia”, postare un video squallido e irrispettoso su Gaza e -come se non bastasse- umiliare in diretta mondiale il leader di un paese estero, trattandolo come nemmeno il più detestabile dei bulletti di quartiere tratterebbe il ragazzino che ama tormentare. Trump ha vinto le elezioni democraticamente (ci piace sempre ricordarlo, visto che secondo alcuni soloni nostrani non dovrebbe governare il suo paese: studiate!) anche grazie ad una serie imbarazzante di autogol dei suoi principali competitors, i democratici. Trump ha sostenitori sparsi in tutto il mondo, e tanti anche in Italia e tanti anche nel nostro giornale, cosa assolutamente giusta e rispettabile. Il triste show di Trump che umilia zelensky, invece, non è né giusto,né rispettabile né accettabile. Tutto il mondo dovrebbe dirlo a gran voce, scriverlo a caratteri di scatola su giornali e comunicati stampa ufficiali dei governi e delle cancellerie, pretendere rispetto. Dovrebbero dirlo i nostri leader politici, tutti: dalla premier Meloni ai suoi alleati ai capi dell’opposizione. Anzi dovrebbero fare un video tutti insieme, per una volta affiancati, e dire che l’Italia è e resta amica degli USA, che Trump ha tutto il diritto e il dovere di governare, ma che questo modo di fare non è compatibile con la civiltà contemporanea, è vergognoso e mette in imbarazzo il mondo. Serve durezza, serve far capire a questo signore che la democrazia non consiste nel vincere le elezioni e fare un po’ come gli pare. Questo modo, appunto, non ha nulla di democratico e non porta a nulla di buono: porta guerre, rabbia, povertà e sfruttamento, e dunque reazioni incontrollate come l’estremizzazione dei conflitti sociali e il terrorismo. I peggiori topi di fogna della storia umana, da Hitler a Stalin, da Pinochet a Pol Pot, non sono arrivati al potere per sorteggio, ma sfruttando le leggi vigenti allora. Nei loro confronti la diplomazia internazionale fu tiepida, timida, e spesso pure connivente. Trump non è paragonabile a questi dittatori, non ha commesso le atrocità che per mano di pazzi sanguinari ritenentisi onnipotenti il ‘900 ha conosciuto. Niente scia di sangue, niente persecuzioni, gulag o “arbeit match frei”, non siamo certo a quello. Ma siamo nel 2025, abbiamo conosciuto e subito quegli orrori, e oggi  l’atteggiamento inaccettabile di Trump deve essere fermato, condannato hic et nunc, senza se e senza ma, da tutti. Perché non possiamo ignorare il fatto che lo scontro di venerdì crei un precedente terrificante e che -se non negli USA in paesi meno democratici- il rischio che nuovi dittatori in pretore si sentano legittimati da questo squallido modo di gestire il potere sia altissimo. Quanto a Zelensky e soprattutto all’Europa, inerte dal punto di vista politico e diplomatico, inane dal punto di vista militare, di colpe ne hanno a bizzeffe. Ma qui non si tratta di fare il tifo per Trump o per il leader ucraino, non si tratta di speculare elettoralmente -come in Italia siamo adusi fare- sul “fascino dell’uomo forte che non la manda a dire” o “sul vergognoso pagliaccio amico di Salvini, Meloni e anche Conte”, come invece si sta facendo da una parte e dall’altra. Qui si tratta di ristabilire un minimo di decenza, di riprendere in mano le regole base della civiltà, della politica internazionale, della diplomazia e del rispetto umano. Quel che abbiamo visto a Washington non ha precedenti nella storia del dopoguerra, e auspichiamo non abbia repliche, benché ci sia purtroppo da temerne. Quello che abbiamo visto è il grado zero del bullismo istituzionale, è uno stupro in diretta mondiale delle regole e di ogni sforzo verso la pacificazione globale. Abbiamo bisogno di frenare, e subito, e tutti insieme. Serve un modo nelle cose, mentre con Trump finora, sunt res in modo.


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