Non chiamateli extraprofitti, ora Giorgetti chiede un “contributo”
Il ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti durante la presentazione del XXIII Rapporto annuale dellINPS, Roma, 24 settembre 2024, ANSA/VINCENZO LIVIERI
Non chiamateli extraprofitti, al massimo si parli di “contributo”. Magari straordinario. Il (grave) problema del ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti passa (anche) dal lessico. In maggioranza, infatti, c’è Forza Italia che quella parola lì, extraprofitti, non la vuol sentire nemmeno per scherzo. Però il governo ha bisogno di reperire risorse se vuole mantenere, in manovra, gli obiettivi che s’è posto: dal taglio al cuneo fiscale fino alla sforbiciata sulle imposte e tasse per il ceto medio. Ma prima di poter fare tutto questo occorre tagliare il debito. Qualche buona notizia è arrivata, nei giorni scorsi, dalla revisione dei dati economici Istat. Studiano e analizzando i numeri 2023, gli analisti dell’istituto nazionale di statistica sono riusciti ad abbattere il deficit portandolo al 7,2% rispetto al Pil (prima era al 7,4%) e a ridurre il debito al 134,6% rispetto al prodotto interno lordo (inizialmente la stima era 138,1%). Un assist insperato per il buon Giorgetti che s’è ritrovato in cassa un miliardino tondo tondo in più per la manovra. Ma non basta. Perché l’Europa non vuol sentir ragioni e la Bce, ieri mattina, l’ha ricordato nel suo consueto bollettino economico: “Le politiche di bilancio e strutturali devono essere mirate ad accrescere produttività e competitività dell’economia, l’attuazione piena” del piano Draghi “nel nuovo quadro di governance economica dell’Ue aiuterà i governi a ridurre stabilmente il disavanzo di bilancio e il rapporto debito-Pil”. Detta più chiara ancora: “Nel definire i propri piani di medio termine per le politiche di bilancio e strutturali, i governi dovrebbero iniziare risolutamente in questa direzione”. Giorgetti ha recepito il messaggio. E dal Mef lascia partire una nota eloquente in cui promette che il governo si impegnerà a “non contribuire ad alimentare il debito pubblico per le nuove generazioni” e che “la linea del piano strutturale di bilancio sarà prudente e responsabile in conseguenza dell’applicazione del patto” di Stabilità. Tuttavia, però, l’inquilino del dicastero di via XX Settembre non intende recedere dalle promesse già sbandierate ovunque, ribadisce dunque l’inderogabilità del taglio del cuneo e dell’Irpef e sottolinea che ci troviamo “in un momento di transizione” che si risolve, adesso, “in una fase complicata”. Perché è complicato far coesistere i due obiettivi: quello dei tagli e l’altro della crescita. Lo stesso dramma, adesso, che vive la Francia. Non è mica vero che mal comune sia mezzo gaudio. A Parigi, per il momento, l’hanno risolta con il neo premier Michel Barnier che in diretta tv ha promesso (tentando pure di raddrizzare quei sondaggi storti che lo vedono impopolarissimo al pari di Macron e nemmeno s’è insediato) più tasse ai ricchi “per rettificare la situazione” promettendo, al contempo di non avere “intenzione di aumentare ulteriormente le tasse per chi lavora o per la classe media”. Un contributo straordinario, in fondo. Lo stesso che il ministro Giancarlo Giorgetti ha intenzione di chiedere ai paperoni italiani e a quelle imprese che hanno “maggiormente beneficiato di condizioni particolarmente favorevoli” nel corso di questi ultimi anni. E chi più delle banche, baciate dalla politica monetaria rigida della Bce o delle società energetiche, premiate dalla crisi scatenatasi all’indomani del deflagrare della guerra tra Russia e Ucraina o, ancora, delle aziende farmaceutiche in un’epoca post-pandemica?
Ma Giorgetti non cerca lo scontro, non vuole la polemica e rifugge da tentativi populiste di rivalsa socio-economica: “Su questa retorica degli extraprofitti voglio chiarire che noi chiediamo un contributo a tutti quelli che se lo possono permettere cercando insieme la strada migliore per raggiungere gli obiettivi”. Insomma, quello che cerca il ministro è “un accordo e una condivisione” sull’ipotesi di “un contributo” stando bene attento, però, a specificare “di non pensare a misure tipo tasse sugli extraprofitti”. Una prima risposta, che non pare proprio esaltante, è arrivata a Giorgetti dal presidente Abi Antonio Patuelli che, intervistato da La Stampa, ha parlato di “extraperdite” subite “nel pieno delle crisi finanziaria e bancaria” e del fatto che “nel 2024 i rendimenti sono destinati a ridursi” e spiegato che “i tassi di riferimento sono già più bassi di quelli americani e britannici e la Bce potrebbe tagliare ancora”. Insomma, di spazio non sembra aprirsene tanto nonostante le rassicurazioni dello stesso Patuelli che assicura: “Abi è sempre dialogante”. Chissà che un incentivo al dialogo possa essere la scelta di Giorgetti di cambiare approccio (non solo lessicale).
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