E il governo batte un colpo sugli extraprofitti delle banche. E lo fa proprio nell’ultimo consiglio dei ministri prima delle vacanze. Un fulmine a ciel sereno per gli istituti di credito che, ormai, si ritenevano al sicuro anche dopo le parole del ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti che, a giugno scorso, aveva affermato che non sarebbe stata intenzione del governo tassare le banche colpendone gli extraprofitti. La notizia ha iniziato a sortire effetti già prima che si capisse in cosa sarebbe consistita la tassazione. A Milano, i titoli bancari sono andati a picco, già in apertura di seduta. La Borsa s’è depressa al solo evocare l’ipotesi di una tassa. Che, entrata in vigore quest’anno, sarà pagata l’anno prossimo.
Il governo, in una nota, ha spiegato come funzionerà il tributo richiesto alle banche. L’imposta, non è banale notarlo, sarà straordinaria. Sarà calcolata applicando un’aliquota del 40% sul maggior valore tra l’ammontare del margine d’interesse relativo all’esercizio 2022 che eccede per almeno il 5% il medesimo margine dell’esercizio dell’anno precedente. Sarà preso in considerazione, inoltre, anche l’ammontare del margine di interesse dell’anno 2023 se eccede per almeno il 10% quello messo a bilancio nel 2021. Il tributo non sarà deducibile e andrà versata entro il 2024. Dalla tassazione degli extraprofitti bancari, il governo conta di recuperare risorse da destinare “al finanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese”. Un po’ come ha detto il vicepremier Antonio Tajani: la Bce alza i tassi rendendo impossibile, alle famiglie, pagare le rate del mutuo? Il governo tassa le banche e recupera fondi per dare una mano ai cittadini. Un modo per “correggere” la rotta rispetto a quella tracciata da Lagarde e soci a Francoforte. Infatti, come si legge nero su bianco in una nota che arriva da Palazzo Chigi, l’istituzione della bank tax è da rintracciare “nell’andamento dei tassi di interesse e dell’impatto sociale derivante dall’aumento delle rate dei mutui”. Del resto, in conferenza stampa, l’altro vicepremier, Matteo Salvini, aveva ribadito la linea e aveva affermato che “gli introiti andranno all’aiuto per i mutui prima casa e al taglio delle tasse”.
Le famiglie che, in Italia, risultano indebitate sono ben 6,8 milioni. Poco più della metà di queste, circa tre milioni e mezzo, sono esposte per la prima casa. E a marzo, mentre il rally dei tassi stava andando infuocandosi, le rate non pagate sono arrivate a un ammontare pari a 15 miliardi di euro. La Federazione autonomia dei bancari ha analizzato che quasi la metà dei crediti deteriorati in Italia (14,9 miliardi) derivano da mutui non pagati (6,8 miliardi). A cui vanno aggiunti altri 3,7 miliardi per rate di credito al consumo non rimborsate e 4,3 miliardi di arretrati su prestiti personali di altro genere. La Regione dove il fenomeno degli insoluti è più grave è la Lombardia con 2,6 miliardi di rate e debiti non saldati. Segue il Lazio (2 miliardi) e poi la Campania (1,4 miliardi).
Dalla galassia del credito bancario non sono arrivati commenti. Ufficialmente, tutti attendono i documenti, i testi ufficiali, per comprendere quale sarà l’effettiva portata del provvedimento deciso dal governo. Intanto, hanno parlato i fatti. O meglio i numeri. In Borsa, i titoli del settore hanno subito un robusto tracollo. E le voci che hanno circolato per tutta la giornata di ieri davano, in fumo, qualcosa come dieci miliardi in capitalizzazioni. Tra i peggiori ci sono stati, a metà mattinata, i titoli di Intesa Sanpaolo (-6,84%) e Monte dei Paschi (-6,39%). Qualche ora dopo, la dimensione della disfatta era quella di una Caporetto. Bper ha perduto, fino all’8,86% e Unicredit -6,4% e le perdite di Intesa e Mps sono aumentate di un intero punto percentuale. Sussurri apocalittici hanno iniziato a correre riferendo al pubblico che, con la scelta del governo, sarebbero stati a rischio i gustosi dividendi azionari.
Reazioni più che entusiaste sono arrivate dalle organizzazioni dei produttori e dei consumatori. Unimpresa ha approvato la scelta di Palazzo Chigi puntando il dito contro “i tassi a zero sui conti corrente” che, insieme all’aumento del costo italiano, hanno comportato alle banche italiane “senza muovere un dito” extraprofitti da “più di 25 miliardi di euro l’anno”. Il vicepresidente Giuseppe Spadafora ha tuonato: “Approfittano della scellerata politica della Bce che, come denunciamo da tempo, non solo non produce gli effetti sperati sul fronte del contenimento dell’inflazione, ma sta cagionando rilevanti danni all’economia reale, con un impatto assai negativo sul credito sia in termini di maggiori interessi sia in termini di condizioni d’accesso sempre più stringenti”. Pure i consumatori sono soddisfatti. Assoutenti, però, chiede un ulteriore atto di impegno al governo dopo aver colpito gli extraprofitti delle banche: “In considerazione dell’attuale situazione di emergenza, con i prezzi ancora alle stelle e i mutui che salgono senza sosta, chiediamo – ha detto il presidente Furio Truzzi – un ulteriore passo, estendendo la tassa sugli extra-profitti a quelle realtà che negli ultimi anni hanno visto crescere enormemente i propri utili: pensiamo alle società farmaceutiche, ma anche all’e-commerce, alle assicurazioni, all’energia, multinazionali che hanno beneficiato prima della pandemia, e poi dell’aumento di prezzi e tariffe, e che ora devono essere chiamate a fare la loro parte aiutando la collettività, perché è intollerabile che pochi fortunati si siano arricchiti a discapito di molti”.