Extraprofitti, ecco come cambiano le norme
Il compromesso è stato raggiunto: il governo cambierà la normativa sugli extraprofitti bancari. E Forza Italia gongola. Tajani, nei giorni scorsi, aveva promesso: se si troverà la quadra, Fi ritirerà gli emendamenti. La prova è andata evidentemente a buon fine. E così il governo si approva a modificare la normativa più discussa dell’estate. La prima, grande modifica, riguarda la possibilità stessa di pagare all’Erario. In pratica, le banche potranno scegliere se destinare le percentuali individuate tra gli extraprofitti allo Stato, pagando la tassa oppure se optare, almeno in parte, per la sospensione d’imposta. Che consentirà di iscrivere almeno parte delle somme individuate a patrimonio, rafforzando così il capitale sociale. L’importante sarà non distribuirle agli azionisti. Cambia il tetto massimo dell’imposta. Non più lo 0,1% dell’attivo di bilancio ma lo 0,26% dell’attivo medio ponderato. In pratica, i titoli di Stato vengono esonerati dal conteggio degli extraprofitti. L’imposta, infine, si calcolerà, applicando un’aliquota del 40%, sull’ammontare del margine di interessi che eccede nell’esercizio 2023, come si legge nella bozza del governo, per almeno il 10% il medesimo margine del 2021. Nella precedente versione, il calcolo avveniva sul 5% per il 2022 e il 10% per il 2023.
Stando alle analisi che corrono in queste ore, il governo punta a incassare qualcosa come 2,5-2,7 miliardi di euro. E ambisce a investire queste somme, oltre che per dare sollievo alle famiglie schiacciate dalla pressione fiscale, per finanziare i programmi di sostegno e di accesso al credito per le Pmi. In particolare, si punta a raggranellare un gruzzolo tale da rifinanziare il fondo di garanzia presso il Mediocredito centrale. Il primo passaggio sarà al Senato. Le reazioni, in maggioranza, appaiono positive. A cominciare da Forza Italia che s’era intestata la battaglia per rimodulare l’applicazione delle norme sugli extraprofitti bancari.
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