Ex Ilva, ancora un nulla di fatto. A gennaio nuovi incontri, sindacati pronti allo scontro
Ex Ilva di Taranto: “dossier scottante”, “nessuna fumata bianca”, “partita in alto mare”. Le metafore si sprecano, per una vicenda che non si sblocca. A partire da due giorni dopo l’Epifania il governo dovrà dare una svolta alla questione, dopo l’ennesimo rinvio.
Di poco meno di un’ora, nella Sala Monumentale di Palazzo Chigi, il tavolo di confronto che ha riunito venerdì il Governo e le confederazioni sindacali. Riunito 24 ore dopo il nulla di fatto del Cda di Acciaierie d’Italia di ieri per una soluzione sull’aumento di capitale necessario a garantire la sopravvivenza dell’ex gruppo Ilva. Dieci giorni fa c’era stato un precedente tavolo ove il governo aveva garantito a Fim, Fiom, Uilm e Uglm la continuità produttiva senza però indicare una strada attraverso la quale risolvere la grave situazione finanziaria.
A gennaio, quindi, due nuovi incontri. Ci sarà un nuovo round governo – sindacati il 9 gennaio. Il giorno prima, il vertice tra governo, Invitalia e Arcelor Mittal.
Un nuovo rinvio. Sul tavolo del contendere con il socio indiano di AdI sempre il nodo relativo alla ricapitalizzazione pro quota della società per garantirne la sopravvivenza ed il rilancio industriale che per Mittal dovrebbe essere circoscritta a 320 milioni mentre per lo Stato, socio di minoranza non dovrebbe essere inferiore a 1 miliardo e 320 milioni.
“L’8 gennaio – ha detto il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, negli scorsi mesi voce di continue rassicurazioni sulla questione – è la linea rossa fissata dal governo del confronto con il socio di maggioranza. E infatti non a caso abbiamo già detto ai sindacati che il giorno successivo ci sarà un confronto con loro, come è giusto che sia, poi sarà da valutare la strada. Innanzitutto – ha aggiunto – c’è un socio privato, che è di maggioranza, e c’è un piano industriale che prevede un supporto finanziario da parte dei soci per almeno 1,3 miliardi per esigenze necessarie alla produzione e per l’acquisizione dell’impianto, cosa che oggi è possibile grazie a un provvedimento del governo. Se il socio di maggioranza non risponderà alla richiesta, il governo ne prenderà atto e comunque prenderà i suoi provvedimenti, con l’intenzione di mantenere la produzione, anzi di rilanciarla nella fase di riconversione green”.
I sindacati, invece, hanno perso fiducia nel lungo iter fin qui prorogato: “Siamo a un passo dallo scontro – così il leader della Fiom, Michele De Palma -. In ben due incontri abbiamo chiesto al governo una posizione chiara: un’assunzione di responsabilità e la salita in maggioranza. Oggi ci sono state proposte soluzioni che non vanno nella direzione auspicata. Nell’incontro fissato per il 9 gennaio – ha ammonito – o ci sarà un elemento di condivisione, o sceglieremo le strade per farci valere verso l’azienda. È a rischio il futuro. Siamo l’unico Paese che non è in grado di fare la transizione perché siamo ostaggi di una multinazionale e del suo ad”.
Vede nero il leader Uilm, Rocco Palombella: “L’incontro è andato malissimo, peggio di così non poteva andare. Abbiamo avuto la certezza che ancora non c’è una posizione forte, stabile, verso un gruppo che continua a fare quello che vuole, umiliando i lavoratori, non mettendo mano agli investimenti e lasciando la produzione ai minimi termini. Da gennaio partirà una cassa integrazione non firmata dai sindacati, senza nessun piano industriale, che vede i lavoratori discriminati.
Il timore generale, tra i rappresentanti dei lavoratori, è che la situazione possa vedere Mittal ancora socio di maggioranza fino al 31 maggio prossimo. Giorno in cui scadrà il contratto di affitto degli impianti ex Ilva che Mittal ha oggi in affitto.
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