Estero, patronati sotto i riflettori: il caso Inca
Irregolarità, pratiche inesistenti, mancati controlli: Il caso Inca, patronati, centri politici per rastrellare il consenso elettorale?
Sotto accusa la rete dei patronati, che, essendo destinatari di cospicui finanziamenti pubblici, dovrebbero erogare una serie di servizi in favore dei cittadini sul territorio nazionale ed estero a titolo assolutamente gratuito. Invece così non è! Pratiche anomale e gonfiate, mandati inesatti o assenti, registrazione di attività inerenti agli anni precedenti, pratiche intestate a cittadini stranieri, pratiche previdenziali irregolari e non finanziabili. Quanto elencato sarebbe alla base di un sistema corruttivo dal quale scaturisce uno scandalo che prende corpo attraverso alcune inchieste giornalistiche e le denunce di Andrea Di Giuseppe, parlamentare eletto all’estero nelle file di Fratelli d’Italia, che hanno acceso il dibattito in parlamento sul finanziamento pubblico ai patronati. Ad essere truffati sarebbero persone indigenti e anziani, con casi di patronati trasformati in veri e propri centri politici, pseudo circoli di partito dove raccogliere il consenso degli italiani residenti all’estero. Eppure le norme sono chiare: i patronati esercitano un’azione istituzionale regolamentata dalla legge; si occupano di assistere i cittadini per la presentazione di domande di pensione, ricongiunzione contributi, certificazione di esistenza in vita, e quant’altro. All’estero, l’Italia eroga questi servizi non tramite il ministero, ma, per l’appunto, attraverso i patronati. O almeno così dovrebbe essere, perché, a quanto sembra, diverse sono le inchieste che fanno emergere presunte gravi irregolarità nella gestione di taluni di questi centri privati accusati di lavorare pratiche irregolari se non addirittura false. Il parlamentare Walter Rizzetto di FDI, lo scorso 5 febbraio alla Camera dei Deputati, durante lo svolgimento del “question time” ha denunciato gravi irregolarità nella gestione di pratiche previdenziali ed assistenziali in alcune sedi dei patronati Inca Cgil all’estero. Per Rizzetto: “Questo è finanziamento pubblico e non possiamo toccare un euro dei soldi dei cittadini per pratiche che poi si evidenziano essere fallaci. Dopo un’ispezione ministeriale nello Stato di New York sono state annullate pratiche lavorate dal patronato Inca della Cgil a causa di irregolarità. I numeri sono allarmanti perché le pratiche decadute sono oltre il 99,5% nel 2020 e 99,8% nel 2021. Parliamo di pratiche inesistenti, di duplicazioni, di assenza di firme nei mandati per pensioni di reversibilità. Non sono errori, questo è un sistema, a cui noi cercheremo di porre un limite”. Rispondendo all’onorevole Rizzetto, il ministro del Lavoro e Politiche Sociali, Maria Elvira Calderone, ha rassicurato sull’azione del governo, precisando che “Il ministero continuerà a monitorare con attenzione mantenendo alta la vigilanza sull’attività dei patronati in Italia e all’estero per garantire trasparenza e legalità nell’erogazione di un servizio di pubblica utilità da rendersi nell’esclusivo interesse della collettività”. Proprio lo scorso 11 novembre, durante la trasmissione in onda su Rai3 “Lo stato delle cose”, condotta da Massimo Giletti, era emerso un presunto sistema corruttivo messo in atto da alcuni patronati dell’Inca Cgil a New York. Pesanti le accuse lanciate da alcuni ex dipendenti intervistati. Si tratterebbe di un sistema capillare di rastrellamento di denaro, sotto forma di una pseudo “donazione” con la specifica della cifra minima da versare, prassi vietata dalla legge visto che i patronati ricevono già, come detto, lauti finanziamenti statali. Uno scandalo che era già stato denunciato nel 2016 in un report del Comitato parlamentare per gli italiani all’estero, approvato in Senato, che ha riportato irregolarità e dati gonfiati in alcune sedi estere del patronato Inca Cgil allo scopo di ottenere finanziamenti pubblici dallo Stato. Fa riflettere il fatto che, dal 23 marzo 2016 ad oggi, si sono succeduti ben quattro ministri del lavoro e nessuno ha mai deciso di prendere in mano il documento scottante sull’operato di alcune sedi del patronato Inca Cgil all’estero. Sarebbe anche emerso che, nel caso di ispezioni, queste venivano annunciate con largo anticipo. Ed ancor più grave, tale sistema sarebbe vigente tutt’oggi. Tale meccanismo perverso sarebbe anche alla base dell’incremento sproporzionato di patronati in territorio straniero. Secondo quanto dichiarato dall’onorevole Di Giuseppe, nel febbraio del 2024, in una sede Enasc di Vaughan, in Canada, si sarebbero svolte le primarie del Pd, a testimoniare l’anello di congiunzione tra la sinistra e i patronati all’estero. Di Giuseppe ha affondato il colpo contro questo stato di cose, tirando in ballo anche il voto all’estero degli italiani: «Negli ultimi anni, al governo c’era la sinistra, storicamente radicata in alcuni sindacati e, all’estero, nei patronati che sono diventati centri politici. In tutto il mondo, alle ultime politiche il centrodestra ha preso solo due parlamentari, risultato in controtendenza a quanto accaduto in Italia. O tutti gli elettori della sinistra, per fare l’esempio, si sono trasferiti negli Usa, paese totalmente capitalista, o qualcosa non torna. Adesso, col Governo Meloni le cose stanno cambiando, a livello di controlli e di attenzione agli italiani nel mondo». Eppure, i patronati nascono col nobile obiettivo di esercitare funzioni di assistenza e di tutela in favore dei lavoratori, dei pensionati e di tutti i cittadini, anche, come detto, di quelli residenti all’estero. Rappresentano emanazione diretta delle organizzazioni sindacali, datoriali o associative, siano esse di lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi o di entrambe le categorie. Volendo fare un breve excursus storico, i primi patronati vennero istituiti nel 1917, per tutelare gli agricoltori dagli infortuni sul lavoro. Gli istituti di patronato vennero riconosciuti dallo Stato con d.lgs. CPS 29 luglio 1947 n. 804. Altre indicazioni normative rilevanti sono contenute negli articoli 12 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e 3 della legge 27 marzo 1980, n. 112. I criteri di finanziamento vennero disciplinati col decreto del Ministero del Lavoro del 26 giugno 1981. Solo nel 2001 viene varata una riforma con la legge n. 152 del 30 marzo che rivalutò i ruoli e ne ridefinì con più chiarezza i compiti. I patronati ricevono un finanziamento attraverso una quota percentuale pari allo 0,199%, versata su un conto del Ministero del Lavoro che provvede, con decreto, a ripartire i fondi tra i patronati, in base all’attività svolta. Il finanziamento è accordato con un sistema “a punteggio”, che riconosce “punti” solo per alcune tipologie di pratiche a condizione che la pratica stessa abbia avuto esito positivo. Una storia importante quella del patronato, con un ruolo sociale strategico e di congiunzione tra lo Stato e i cittadini, messa però a rischio da certe pratiche illegali che fanno emergere la necessità di un decreto di riordino per mettere fine a pratiche scandalose, poco decorose e assolutamente contrarie alla mission dei patronati, le cui proporzioni potrebbero allargarsi in altre parti del mondo.
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