ESCLUSIVO Il sistema Crotone – Le intercettazioni. Devona a Oliverio: “Mica mi posso litigare con la ‘ndrangheta”
“Non mi dire che sono cose che tengo nello stomaco… per fare il consigliere regionale non andavo bene, per fare altre cose nell’amministrazione regionale non vado bene, per fare il tuo capostruttura non vado bene ed ora nemmeno per una minchiata di delegato assemblea nazionale vado bene… mah… o sono canzone o sono troppo sperto… unica motivazione che trovo… ringrazia Nicola (l’ex assessore Adamo, ndr) e digli che quando lui ed altri andavano a legna io ero al camino che mi riscaldavo… grazie“.
È il messaggio che il 10 aprile 2017 Giancarlo Devona, considerato il braccio destro di Mario Oliverio, invia al suo “capo”, come risulta dalle carte dell’inchiesta Glicine Akeronte, eseguita dai carabinieri del Ros che hanno arrestato 43 persone su 123 indagati, per reati che vanno, a vario titolo, dall’associazione di tipo mafioso all’associazione per delinquere, associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravata dalle finalità mafiose, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, omicidio, trasferimento fraudolento di valori, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata liberà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, scambio elettorale politico mafioso, truffa aggravata. Tra gli indagati l’ex governatore della Calabria Oliverio e l’ex assessore Adamo. Ai domiciliari, tra gli altri, sono finiti Enzo Sculco, già consigliere regionale, e Giancarlo Devona, che è stato assessore ai Lavori Pubblici a Crotone nella giunta del sindaco Peppino Vallone.
In quel momento Devona tentava la scalata in Regione Calabria ma la sua esclusione dall’assemblea del Pd lo aveva deluso. Aveva quindi palesato la sua insoddisfazione per le scelte effettuate da Oliverio e Adamo alle Primarie. Devona era infatti contrario all’apertura di un seggio a Papanice, sua frazione di appartenenza del comune di Crotone, che lo esponeva a contatti pregiudizievoli con la ‘ndrangheta. Il 29 aprile si era dunque confrontato direttamente con Oliverio, informandolo che per quel seggio aveva litigato con qualcuno e il presidente minimizzava, dicendo che la questione era stata strumentalizzata. “A Oliverio, perché io gli ho detto la cosa di Papanice, perché non è che ogni volta mi posso litigare con la ‘ndrangheta no? Gli ho detto non fatela perché questi qua verranno e mi voteranno di nuovo contro… chiediglielo a Pepe’ se ci sta… poi per te fanno lo stesso e facessero quello che cazzo vogliono ogni volta…”. Oliverio gli dice che “ci sono sempre quelli là che devono…“. E Giancarlo lo interrompe, chiedendo cosa c’entrano i voti e i giocherelli che fanno, per poi aggiungere: “Ma io a livello personale mica mi posso sempre fare… mettere sempre la pista della famiglia, della famiglia mia per questi giocherelli“. Famiglia nel vero senso della parola, perché Giancarlo, come scrivono i pm nelle 3.699 pagine di richiesta delle misure cautelari, ha “legami con ambienti mafiosi“. E di quella parentela, il 2 settembre 2017, aveva informato lo stesso Oliverio, “allorquando affermava che lui non “può essere toccato” grazie alla parentela riferibile a zio Carlo e zio Tonino (Devona, ndr)”, per gli inquirenti affiliati alla criminalità organizzata calabrese.
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