Ergastolo per Turetta, ma per i giudici non c’è stata crudeltà né stalking
Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Per lui i giudici della Corte d’Assise di Venezia, però, hanno escluso le aggravanti della crudeltà e lo stalking, sebbene abbiano comminato all’imputato il massimo della pena, riconoscendo invece la premeditazione di quel terribile delitto avvenuto la notte tra l’11 e il 12 novembre 2023. A leggere il verdetto, è stato il presidente della Corte, Stefano Manduzio, in un’aula rimasta in religioso silenzio, con il fiato sospeso a guardare in faccia Turetta, impassibile davanti alla condanna e rimasto per tutto il tempo con la testa bassa. La Corte ha fissato inoltre un risarcimento alle parti civili, con il pagamento di una provvisionale di 500mila euro a Gino Cecchettin, il padre di Giulia, 100mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, 30mila alla nonna Carla Gatto così come allo zio Alessio, oltre alle spese di costituzione legale. Al termine della lettura del dispositivo, Turetta è stato immediatamente portato fuori, mentre papà Gino si è fermato con i giornalisti. “Oggi abbiamo perso tutti”, ha detto Gino Cecchettin commentando la condanna per l’assassino della sua primogenita. “Abbiamo perso tutti, come società.
Nessuno mi ridarà indietro Giulia, non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri. È chiaro che è stata fatta giustizia”, ha sottolineato, “ma dovremmo fare di più come esseri umani. E la violenza di genere va combattuta con la prevenzione, non con le pene. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato niente rispetto a ieri o a un anno fa”. A chi gli ha chiesto se l’ergastolo a Turetta abbia reso giustizia alla memoria della figlia, il padre della vittima ha risposto che “non è questa la sede per onorare la memoria di Giulia. Oggi era una tappa dovuta per rispettare le leggi che ci siamo dati come società civile. Ora si cerca di andare avanti”. Perché per Gino non ci sarà mai giustizia finché le donne continueranno ad essere uccise dall’uomo. La sua battaglia contro una società che per i Cecchettin è pervasa dal patriarcato va oltre il femminicidio di Giulia. Quindi “mi dedicherò alla Fondazione”, ha fatto sapere. Rispondendo alla stampa che chiedeva se in aula si aspettasse le scuse dell’imputato, la replica è secca: “Non mi aspettavo le scuse, non mi aspetto scuse, il mio percorso è un altro. Io ho perso tutto, quindi andrò avanti con il mio percorso”.
E infine, a chi chiedeva un commento sulla decisione dei giudici di escludere per Turetta le aggravanti di crudeltà e minacce, previsto dall’articolo 612 bis del codice penale e unificate dal vincolo della continuazione, Gino ha risposto che “ci sarà da discutere”. Anche la nonna di Giulia, Carla, ha espresso i suoi sentimenti dopo la lettura del dispositivo. “Non ci si pu ò certo dire soddisfatti di una sentenza, noi abbiamo il nostro dolore e ce lo portiamo, fino alla tomba”, ha detto, aggiungendo che “non si prova più niente”. Sicuramente sia la famiglia Cecchettin che la difesa di Turetta attendono che vengano depositate le motivazione della sentenza, che arriveranno entro 90 giorni, per comprendere l’interpretazione dell’impianto accusatorio da parte dei giudici e gli elementi che hanno portato la Corte ad escludere soprattutto l’aggravante della crudeltà. “La decisione dei giudici di non riconoscere l’aggravante dello stalking è un passo indietro”, ha commentato l’avvocato Nicodemo Gentile, legale di parte civile per Elena Cecchettin. “È rimasta la gravità del comportamento”, ha aggiunto il legale, “non c’è nessuna soddisfazione, è un a sconfitta per tutti. Aspettiamo 90 giorni per le motivazioni, il nostro pensiero va a Giulia”. D’altronde Filippo, che negli ultimi mesi ossessionava la ex fidanzata con messaggi che quotidianamente sono arrivati a toccare il numero incredibile di 300 Whatsapp, si è accanito sulla vittima con 75 coltellate. E ha gettato il corpo della ragazza in un bosco, come spazzatura. Perché Giulia si era permessa di lasciarlo.
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