Giustizia

Erba, ecco perché i giudici hanno detto no alla revisione del processo

di Rita Cavallaro -


Richiesta di revisione di processo ritenuta inammissibile per mancanza di novità: per la strage di Erba “Olindo e Rosa soli colpevoli, prove solide contro di loro”

Rosa e Olindo ci hanno provato, ma per i giudici i due “vicini assassini” non hanno portato prove nuove in grado di riaprire il caso. E per la giustizia sono esclusivamente loro gli autori della strage di Erba, la mattanza compiuta l’11 dicembre 2006 in cui furono massacrati Raffaella Castagna, il suo bimbo di due anni Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, mentre il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, si salvò miracolosamente dallo sgozzamento per una malformazione alla carotide. Ieri la Corte d’appello di Brescia ha depositato le motivazioni della sentenza con cui, a luglio scorso, ha rigettato l’istanza della difesa dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi.

I giudici hanno ritenuto “inammissibile” la richiesta di revisione del processo sulla strage di Erba sulla base di un duplice profilo, cioè “la mancanza di novità e l’inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove di cui è chiesta l’ammissione”. Gli avvocati di moglie e marito, infatti, avevano provato a smontare i tre pilastri dell’impianto accusatorio, condivisi da ben 26 giudici in tre processi, ovvero il dna della Cherubini nella traccia di sangue trovata sul battitacco dell’auto dei Romano, il riconoscimento di Olindo da parte del supertestimone Frigerio e le confessioni, poi ritrattate, dei coniugi. Nonostante la perizia di parte, con la presunta amnesia anterograda del supertestimone, per i giudici rimane fondamentale la testimonianza di Frigerio, considerata una delle prove che giustificano la sentenza di condanna di Olindo e Rosa. La Corte d’Appello di Brescia lo scrive nero su bianco nelle motivazioni che negano la revisione ai Romano e anche al sostituto procuratore Cuno Tarfusser, secondo i quali l’allora comandante dei carabinieri di Erba, Luciano Gallorini avrebbe “suggerito” il nome di Olindo al vicino di casa, quando fu ascoltato in un letto d’ospedale poco dopo il delitto.

“Il dato dirimente con cui la difesa non si confronta è che la prova che ha concorso a formare il giudicato di condanna non è costituita dalla deposizione o dall’annotazione di Gallorini ma dalla testimonianza resa in dibattimento da Frigerio”, argomentano i giudici di Brescia, per i quali le dichiarazioni del sopravvissuto non furono annebbiate da un’amnesia anterograda, cioè la difficoltà a ricordare eventi successivi a un evento traumatico. La Corte precisa che “il tema sulla capacità a testimoniare di Frigerio è stato ampiamente sviscerato nei precedenti gradi di giudizio”. Inoltre il collegio non ha rilevato alcun complotto contro Olindo e Rosa, né una pista alternativa che portasse ad altri assassini, se non moglie e marito. Le istanze di revisione del processo sulla strage di Erba, infatti, sono state respinte per mancanza di nuove prove e nemmeno l’ombra del fantomatico regolamento di conti, suggerita dai legali della coppia, per questioni legate al traffico di droga che avrebbero potuto coinvolgere l’ambiente di Azouz Marzouk, marito di Raffaella e padre di Youssef, è servita a riaprire il caso. Anzi, per i giudici “l’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti è stato invano approfondito nella prima fase delle indagini e non ha trovato alcun riscontro” da parte della Guardia di Finanza e “non può certo trovare nuova linfa nelle apodittiche affermazioni di Abdi Kais, il tunisino che era stato in carcere con Azouz Marzouk, e nelle supposizioni degli altri pregiudicati intervistati mentre era in corso l’odierno processo di revisione”.

Infine, in merito alla posizione del sostituto procuratore Tarfusser, punito con la censura dal Csm per aver presentato la richiesta di revisione, i giudici hanno affermato che la richiesta è “prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova, inammissibile per difetto di legittimazione del proponente”, in quanto “formulata da un sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Milano privo di delega relativamente alla materia delle revisioni, riservata, secondo il documento organizzativo dell’ufficio, all’avvocato generale, e non assegnatario del fascicolo”. Ora la difesa di Olindo e Rosa valuta il ricorso in Cassazione.


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