Economia

Se l’energia pesa di più su microimprese e Sud

di Giovanni Vasso -


Energia, o cara, anzi, carissima: la Cgia di Mestre fa i conti e rivela che le bollette pesano, di più, al Sud e sulle microimprese. Che poi sono la quasi totalità delle aziende italiane, rappresentando il 95% delle attività economiche presenti in questo Paese che impiegano circa il 42% dei lavoratori. Stando agli analisti Cgia, per le microimprese l’energia non è solo un salasso ma un pessimo affare: la pagano, infatti, quasi il 165% (per la precisione 164,7%) in più di quanto facciano le aziende di grandi dimensioni. Il paradosso italiano è nelle cifre: la popolazione di artigiani, piccole e microimprese, commercianti di vicinanza che hanno consumato meno di 20 megawattora all’anno hanno pagato l’energia in media 348,3 euro al MWh. Viceversa, per le grandi imprese, che presentano consumi oscillanti tra i 70mila e i 150mila megawattora l’anno, il prezzo è stato di soli 131,6 euro al Mwh. Finita qui? Manco per sogno: chi ha la sfortuna di avere una piccola attività in Italia paga molto di più rispetto ai colleghi dell’area euro. Sempre con riferimento al primo semestre dello scorso anno, la spesa media in Italia è stata di 348 euro mentre nell’area dell’euro non ha superato i 294 euro. Una stangata pari al 18,5% che diventa ancora più pesante se il confronto è con i francesi (che spendono il 38% in meno) e gli spagnoli (su cui gravano costi inferiori per il 43%). Il differenziale tra grandi e piccole imprese, invece, altrove è persino peggiore. In Spagna lo spread è quasi +200%, in Francia vola oltre il 242%.

 Il peso dell’energia, però, incombe anche sulle famiglie. Stando all’analisi della Cgia, gli italiani che soffrono di povertà energetica (dati aggiornati al 2023) sono più di cinque milioni, per la precisione 5,3. La metà di loro vive nelle Regioni del Mezzogiorno. Al Sud, dunque, l’energia pesa di più. Le famiglie in difficoltà sono quasi 2,4 milioni. I pericoli maggiori incombono sulle famiglie numerose, sui pensionati e sui disoccupati. I maggiori problemi li ha chi utilizza il gas come fonte principale di riscaldamento mentre le famiglie che riescono a utilizzare altri sistemi ed altri materiali, come pellet, gasolio, kerosene, bombole o legna da ardere, riuscirebbero a presentare valori di percentuali di rischio più contenuti. Insomma, questo è lo scenario iniziale. Su cui è intervenuta la crisi esplosa a seguito della definitiva chiusura dei gasdotti dall’Ucraina. Che ha indotto il governo a valutare nuove strategie energetiche e, soprattutto, a varare le misure di sostegno per le imprese e le famiglie nei prossimi tre mesi.


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