L’energia di Giorgia: ok all’intesa green ma zero tabù su gas e nucleare
“Grazie per l’energia che mi date”: Giorgia Meloni festeggia il suo compleanno proprio all’insegna dell’energia. Vola ad Abu Dhabi, suggella l’intesa a tre con Albania ed Emirati Arabi, dal valore complessivo di un miliardo di euro, sulle rinnovabili, e rilancia il dibattito sul nucleare. Ma, più di ogni altra cosa, riporta il Mediterraneo al centro delle rotte dell’energia europee. L’alleanza con Tirana e gli Eau porterà allo “sviluppo di progetti di energia rinnovabile su scala gigawatt in Albania, con particolare attenzione al fotovoltaico solare, all’eolico e a soluzioni ibride con potenziale di accumulo tramite batterie”. Dal governo, inoltre, fanno sapere che “una parte significativa di questa energia rinnovabile sarà trasmessa in Italia”. Per il tramite di un impianto di trasmissione di energia sottomarino che attraverserà le due sponde dell’Adriatico. Ma, chiaramente, tutto ciò non sarà risolutivo del problema legato all’energia che affligge l’Italia. Meloni, pertanto, ribadisce la sua visione ossia quella di un “un mix energetico equilibrato, basato sulle tecnologie attualmente disponibili, su quelle in fase di sperimentazione e su quelle che devono ancora essere identificate”. Per la premier Giorgia Meloni, parlare di energia nucleare non è tabù e non lo è neanche ribadire che il fossile rappresenta, ancora, una fonte di energia irrinunciabile: “Non mi riferisco solo alle energie rinnovabili, ma anche al gas, ai biocarburanti, all’idrogeno verde e alla cattura della Co2 senza dimenticare la fusione nucleare, che potrebbe potenzialmente produrre energia pulita, sicura e illimitata, trasformando l’energia da arma geopolitica in una risorsa ampiamente accessibile, cambiando di fatto il corso della storia”. E quindi ha chiesto pragmatismo e lucidità ai fautori del green a tutti i costi: “Non riusciremo a triplicare la capacità di generazione di energia rinnovabile entro il 2030, né a raddoppiare il tasso di efficienza energetica, se continuiamo a inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica o a mettere da parte, per ragioni ideologiche, soluzioni che invece potrebbero aiutare a costruire un’alternativa sostenibile ai combustibili fossili. Dobbiamo essere pragmatici, semplicemente perché la realtà lo impone”. E lo impone anche il paradosso per il quale, mentre in Italia si è fermi al referendum dell’87, le aziende nazionali vanno in Slovacchia (che con la chiusura del gasdotto russo-ucraino ha problemi energetici pressanti) a firmare, con la benedizione del ministro all’Industria Adolfo Urso, accordi su progetti legati al nucleare di quarta generazione che puntano a “realizzare reattori di piccola dimensione, componibili trasportabili per un nucleare pulito e sicuro, e se vogliamo ridurre il costo dell’energia e garantire sempre più l’autonomia energetica del nostro continente rispetto ad altri attori che possono avere altri interessi”.
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