Emergenza Amazzonia. E il Sud del mondo si ribella. Al vertice di Belem l’appello di Lula contro la deforestazione
La più grande foresta pluviale della Terra. E’ la regione amazzonica a custodire essa e il più ricco sistema fluviale. Il Rio delle Amazzoni raccoglie il 20% dell’acqua dolce della Terra, mentre la foresta condiziona e regola il clima dell’intero pianeta. Non solo foresta, perché è il più grande “condizionatore d’aria” del mondo, capace di trasformare metà dell’energia solare totale che la raggiunge in un’enorme evaporazione di acqua attraverso alberi e superfici, pari a 8mila miliardi di tonnellate di vapore acqueo.
“Credo che il mondo debba guardare a questo vertice di Belem come a una pietra miliare: molte volte si fanno tante parole, si approvano documenti e poi non succede niente. Ma questo è la prima grande opportunità per mostrare al mondo quello che vogliamo fare”. Così Luiz Inácio Lula da Silva ha presentato il vertice per l’Amazzonia al via in Brasile con Bolivia, Ecuador, Colombia, Venezuela, Perù, Guyana e Suriname, che hanno nel loro territorio una porzione della più grande foresta tropicale. Un incontro di due giorni tra gli otto membri dell’Organizzazione del Trattato di cooperazione amazzonica. Una prima volta in 45 anni, per un incontro con l’obiettivo di assicurare una risposta regionale per combattere la deforestazione, anche affrontandone il pesante livello criminale, e i cambiamenti climatici. Non a caso, la scelta della sede: Belem è la capitale del Parà, lo stato brasiliano con il più alto tasso di deforestazione.
Al suo ritorno alla presidenza del Paese, Lula ha promesso di invertire la marcia della deforestazione sempre più evidente negli anni del potere di Jair Bolsonaro: a luglio di quest’anno è scesa del 66%, rispetto al 2022, con il presidente brasiliano impegnato per l’obiettivo ‘zero deforestazione’ entro il 2030. Mentre, riguardo al contrasto allo sfruttamento illegale del territorio dell’Amazzonia, è proprio dei giorni scorsi la notizia dell’arresto a Novo Progresso, nello stato di Parà, di uno dei principali ‘usurpatori di terre” dell’Amazzonia, che aveva sottratto oltre 21mila ettari alle popolazioni indigene, essendo responsabile della deforestazione di 6mila ettari.
“La foresta pluviale non è né un vuoto da riempire né un tesoro da saccheggiare. È un giardino di possibilità da coltivare” ha aggiunto Lula ribadendo i principi di una lotta per strappare la foresta pluviale più grande del mondo a secoli di violenza, saccheggio economico e devastazione ambientale. E per trascinarla in un “nuovo sogno amazzonico”, queste le sue parole confermando la volontà di ricostruire l’immagine e la reputazione internazionale del suo Paese dopo quattro anni “disastrosi” sotto il suo predecessore. Durante i quali, ha voluto denunciare a tutto il mondo, la deforestazione e le comunità indigene sono state oggetto di crescenti attacchi: “Per fortuna, siamo riusciti a voltare questa triste pagina della nostra storia”.
Il modello ambizioso di Lula per la regione della foresta pluviale – il 60% di essa si trova in Brasile – prevede azioni e interventi in un programma ove la protezione ambientale è accompagnata da inclusione sociale, crescita economica e innovazione tecnologica. “L’Amazzonia può essere quello che vogliamo che sia”, ha detto raccontando il sogno amazzonico: “Città più verdi, aria più pulita, fiumi senza mercurio e foreste lasciate in piedi. Un’Amazzonia con cibo in tavola, posti di lavoro dignitosi e servizi pubblici alla portata di tutti. Un’Amazzonia con bambini più sani, migranti ben accolti e indigeni rispettati”.
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