LIBERALMENTE CORRETTO – Elogio della sovranità popolare
Gli eterni nemici della democrazia vestono nuovi panni, ma non muta l’atteggiamento di fondo che si può riassumere nel disprezzo del dèmos e della sua sovranità. Non più in versione hard, l’atteggiamento dispregiativo dei tempi moderni assume un volto più soft e seducente, vestendo i panni ingannevoli del “progresso” che supera gli steccati nazionali. I confini territoriali, entro i quali gli organi politici esercitano il loro potere sovrano in conformità alle norme costituzionali, vengono considerati limitanti e spregevolmente definiti “steccati”. Tutto ciò che sovrasta o condiziona la sovranità nazionale è accolto entusiasticamente, mentre l’orientamento politico, che intende salvaguardarla, è tacciato di becero “sovranismo”. Ci dobbiamo chiedere tuttavia se sia legittimo un punto di vista diverso, rispetto alla semplicistica narrazione dominante. Attingiamo alle osservazioni di Marcello Foa, contenute nel suo recente libro Il sistema (in)visibile. L’autore elenca una lunga serie di organismi, non legittimati dal voto popolare ed estranei all’architettura istituzionale, sia di diritto interno che internazionale, i quali esercitano un potere sovranazionale vincolante. Una semplice cooperativa a responsabilità limitata amministra tutte le transazioni economiche del pianeta, ammettendo o dismettendo, insindacabilmente, la partecipazione degli Stati sovrani. Basta chiedere allo Stato del Vaticano quali furono le conseguenze dell’esclusione dello IOR dal sistema SWIFT; e alla Russia le conseguenze odierne. Tutto il commercio mondiale è gestito da un altro organismo similprivatistico (WTO); mentre il Fondo Monetario Internazionale decide le sorti di 190 Paesi, al di fuori di qualsivoglia procedura democratica. L’OMS decide le politiche sanitarie; l’IPCC le politiche green dirette a scongiurare un supposto global warming mai dimostrato; le banche private, BCE e Federal Reserve, stampano moneta a loro arbitrio, mentre i ministri del tesoro stanno a guardare. In tutte le democrazie occidentali, si restringe l’area della sovranità esercitata dagli organi politici elettivi. Il premier elettivo (nella Repubblica parlamentare legato al voto popolare per via mediata) giunge al “potere”, per accorgersi infine di esercitare di fatto un potere molto limitato. Il governo può ben poco nei molteplici campi dominati dai protocolli e dalle direttive degli organismi transnazionali; deve limitarsi alle politiche di “armonizzazione”. L’architettura istituzionale democratica rimane in piedi a far bella mostra di sé, ma ne risulta svuotata l’effettiva incidenza decisionale. Gli effetti perversi sono notevoli. Il primo di immediata percezione è l’opacità del potere (nei meccanismi e negli atti), nonché l’irriconoscibilità dei detentori. Il secondo è meno visibile, ma ancora più pernicioso. Gli organismi decisionali obbediscono a una logica settoriale, di apparato, che possiamo definire “tecnico-burocratica”, perché non coltivano alcuna idealità politica; guardano il mondo dal buco della serratura; hanno un angolo visuale molto ristretto, seppure ammantato di “universalismo”. L’organismo finanziario non calcola i costi umani del default in Argentina o in Grecia, ma solo le “parità”, vere o supposte, delle partite finanziarie; il “garante” dell’opinabilissima sostenibilità climatica planetaria non ha alcuna remora a sacrificare la produzione industriale e il benessere economico dei popoli; il “garante” della salute persegue la vaccinazione dell’intera umanità, anche a costo di ingentissimi “danni collaterali”. Questi organismi conoscono (o presumono di conoscere) la parte, ma identificano la parte con il tutto. Non si avvedono dell’angustia del loro angolo visuale. La burocrazia “globalista” riduce l’uomo alle sue particelle e la convivenza umana ai suoi segmenti, non avendo alcuna visione dell’insieme. E allora ci accorgiamo che difendere la sovranità popolare non significa, infine, solo difendere il vigore della Costituzione nel suo ambito nazionale; ma significa anche difendere il primato della politica e perfino l’integralità dell’uomo.
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