Hot parade
Sale: Elodie. Cantagliele, Elodie. L’artista è pronta per le primarie Pd. Si dice di sinistra, ribadisce di considerare Meloni praticamente un uomo (ma guarda te) del 1922 (data a caso, eh?) e silura Schlein dicendo, in un’intervista a D, che c’ha il carisma di una zucchina lessa. Anzi, che non ne ha proprio. Non diteglielo, per carità, alla reginetta Lgbt-i-a-plus-wsedken-etc-etc che il Pd sta virando sui vescovi ed esattori delle tasse. E che tra Prodi, Bindi, e Ruffini mettere insieme un po’ di carisma è tosta. E che ancora più tosta sarà trovare un poco di consenso.
Stabile: Sting. Ha dovuto annullare non uno ma ben due concerti. Anzi, tutti. Perché il medico glieli ha proibiti. Del resto, a una certa età, pure se ti chiami Sting sei soggetto alle leggi di natura. Epperò, detto tra noi, il problema è che di Sting, invecchiati e fragili, ce ne sono sempre di meno in un mondo di cacagli, di gente che non ha altro che i tatuaggi da mettere in mostra, di personaggetti in cerca di manager (magari social), ribaldi senza né arte, né parte, né altro, che pretendono di fare musica e che invece non fanno altro che bofonchiare parole dette male e amplificate peggio dall’autotune.
Scende: Pep Guardiola. Lutto stretto per gli esteti del calcio, bandiere a mezz’asta per i fautori del bel giuoco. I soldi non fanno la felicità e nemmeno la qualificazione al prossimo turno di Champions. Il City le busca dal Paris Saint Germain nel derby dei ricconi disperati sull’orlo della retrocessione. Per la disperazione dei seguaci ideologici del catalano errante. Per lo sconforto dei sapientoni dell’internet, dei nerd delle statistiche. Per la gioia di chi pensa, ancora e nonostante tutto, che il pallone non è solo una vagonata di soldi spesa in figurine, passaggi, passaggetti e ragnatele di tocchetti, ma qualcosa di (molto) di più.
*di Simone Donati
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