Politica

ELLY’S list

di Edoardo Sirignano -


“La lista è un bene assoluto. La lista è vita. Tutto intorno, ai suoi margini, c’è l’abisso”. La frase di Itzhac Stern, diventata famosa per la celebre pellicola di Steven Spielberg, è più che attuale nelle stanze del Nazareno. La nuova segreteria dem è al lavoro per completare il libro dei buoni e dei cattivi. Dopo le primarie, c’è chi, infatti, andrà nel paradiso della politica e chi invece sarà condannato all’inferno del dimenticatoio.

Il nodo capigrpuppo

Vittime sacrificali saranno sicuramente le due capigruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Per quanto riguarda la leadership a Montecitorio, è testa a testa tra Giuseppe Provenzano, tra i primi a sponsorizzare la Meloni progressista e Simona Bonafè, renziana della primissima ora. Quest’ultima potrebbe servire la causa della pace, essendo tra le prime sostenitrici di Bonaccini. Per quanto riguarda il Senato, invece, dovrebbe essere in pole Francesco Boccia. Più difficile l’ipotesi Alessandro Alfieri. La tavola rotonda dei saggi, guidata dal compagno Goffredo Bettini, avrebbe consigliato a Elly, avendo la minoranza sia alla Camera che al Senato, di mettere fedelissimi scudieri alla guida delle truppe rosse, evitando così quei problemi, che hanno spesso messo in ridicolo sia Renzi che Zingaretti. Lo stesso ex governatore del Lazio, consigliere della paladina Lgbt, avrebbe avvertito la pupilla della minaccia.

Il dilemma Bonaccini

Il vero dilemma, comunque, resta quello relativo alla presidenza del partito. Tutti, a maggior ragione dopo l’ultima riunione della minoranza dem, spingono Stefanone verso quel ruolo. Le 48 ore, promesse dall’uomo in Ray Ban, però, sono trascorse da tempo. Ecco perché qualche malpensante ipotizza che il modenese alla fine potrebbe optare per la vicepresidenza. In questo modo, d’altronde, non scomparirebbe dai radar e soprattutto manterrebbe quel ruolo da federatore, che la parte meno rossa del partito gli ha affidato. La vincitrice delle primarie, d’altronde, non può governare la complessa macchina dem col fucile puntato dei bonacciniani e il tempo stringe, considerando che il 12 ci sarà l’assemblea. Il nuovo Pd non può permettersi un altro scontro interno tra mozioni per chi guiderà l’assise. Ecco perché occorre scogliere il nodo tra qualche ora. Una cosa è certa, i sostenitori del viceré dell’Emilia dovranno essere coinvolti. Base Riformista, la corrente che racchiude coloro che sono più vicini ai terzopolisti, intanto, si tira fuori. Lo stesso Andrea Marcucci, su queste colonne, d’altronde, aveva parlato di possibili abbandoni a queste latitudini. Aspettando risposte dagli avversari delle primarie, è corsa interna tra i fedelissimi di Elly per accaparrarsi le caselle che contano.

Il gotha di Elly e Articolo 1

Secondo i rumors, Chiara Gribaudo è in pole per il ruolo di vice, qualora non dovesse esserci un patto con Bonaccini. Più indietro Marco Furfaro, che potrebbe accontentarsi dell’incarico di coordinatore. Quest’ultimo insieme ad Andrea Pacella, il leader piemontese dei Gd e Marta Bonafoni, consigliera ragionale del Lazio, rientra tra i nomi indicati da Zinga. Un ruolo nel nuovo esecutivo, poi, potrebbero averlo: Stefania Bonaldi, ex sindaco di Crema, in corsa per gli Enti Locali; Marco Sarracino, segretario del Pd a Napoli, interessato al Sud; Antonio Misiani, esperto di economia e già responsabile delle Finanze a Palazzo Madama; Alessandro Zan, il padre dell’omonima legge sulle Unioni Civili, che dovrebbe occuparsi di Diritti; Mattia Santori, in rappresentanza delle sardine; Erasmo Palazzotto per la lotta alla mafia e Andrea Giorgis, in quota Cuperlo. Uno spazio dovrebbe essere riservato pure ad Articolo 1. Il partito fondato da Bersani e dall’ex ministro Speranza aspira ad avere la delicata casella degli Esteri. Si vocifera di una promozione per Alfredo D’Attorre. Da risolvere, in questo caso, il nodo Arturo Scotto. Non sarà semplice convincerlo a fare un passo di lato. Non si escludono, comunque, sorprese dell’ultimissima ora, soprattutto se Elly deciderà di lasciare spazio alle mozioni che non l’hanno sostenuta per evitare una conflittualità, che potrebbe indebolirla nello scontro finale con Giorgia.

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