IL ROVESCIO DELL’AFFLUENZA
Tommaso Cerno
Ha vinto la destra. Ha vinto la sinistra. I 5 stelle sono scomparsi. Il Pd di Elly Schlein è ancora tiepido. L’effetto Meloni si è fermato. E altre sciocchezze simili mostrano il distacco totale della politica non più solo dai cittadini ma perfino dai propri compiti: capire perché gli elettori votano in un certo modo. In un mondo devastato da una guerra i cui confini sociali ed economici sono già molto più vasti di quanto sia il terribile campo di battaglia dell’Ucraina, alla vigilia di una crisi del sistema del credito che sta per atterrare come un meteorite sul già precario equilibrio fra banche aziende e famiglie, con le elezioni europee alle porte e la percezione sempre più forte che i governi nazionali siano infilati in un labirinto senza uscita, dove le decisioni che pesano di fatto sulle tasche dei cittadini si prendono a Bruxelles, Davvero è pensabile immaginare che dal risultato di elezioni comunali, dove si sceglie il sindaco della propria città, sia possibile capire lo stato di salute dei partiti? La prova del nove, tra l’altro, viene proprio dal risultato dei 5 Stelle di Giuseppe Conte. Nella loro storia le elezioni amministrative sono state sempre il terreno su cui non aveva senso testarli. Fanno eccezione tre casi, ma sono casi che con la municipalità non hanno nulla a che fare punto. Il primo fu Parma dove la battaglia di Beppe Grillo nel momento di grande crescita del suo movimento fu quella di rendere la città emiliana il simbolo del grillismo stesso, la sua Stalingrado, dando a quel voto una dimensione nazionale che aveva come obiettivo concentrare l’attenzione dei media su un unico punto della carta geografica per sancire una vittoria inattesa e benedirla come un miracolo spaventosamente politico. Gli altri due casi sono Roma e Torino e rappresentano la fase di strutturazione del Movimento, con una metamorfosi politica del voto amministrativo che di fatto mostrò al popolo grillino che si poteva conquistare il governo del Paese. Ormai è storia della politica, funziona così dal 2013 eppure in questa rissa continua tra destra e sinistra, con un pizzico di terzopolismo che grazie a Matteo Renzi e al suo tocco da campioncino occupa lo stesso spazio delle due coalizioni maggiori, gli italiani stanno litigando nei bar per capire chi vinca queste elezioni. Quello che sta avvenendo davvero, invece, è un rovesciamento dell’attenzione popolare. Stiamo uscendo per sempre dalla vecchia Italia delle elezioni politiche, viste come il luogo delle grandi decisioni, per entrare in un sistema nuovo dove ci stupiremo tutti dell’affluenza mai immaginata che vedremo alle europee. Il cimitero degli elefanti, come l’ha considerato la politica del nostro Paese per decenni, relegando a Bruxelles le teste di serie anziane o figure di serie B, dovrà fare i conti con quelle che verranno percepite dagli elettori come le uniche elezioni dove il voto può contare qualcosa. In una specie di rovescio dell’affluenza e di ribaltamento delle priorità. Perché quel voto incide davvero su politiche strategiche internazionali, che hanno ricadute gigantesche sulle nostre vite quotidiane e nelle nostre tasche. Molto più di quanto ormai riesca a fare un governo nazionale, che fra Pnrr e manovre non riesce a muovere una quantità di denaro sufficiente non dico per risolvere i problemi, ma nemmeno per attuare un piano di politiche davvero incisive che vengono percepite dai cittadini come qualcosa che ha migliorato la loro qualità della vita. Ormai quello che un tempo era concepito come qualcosa di molto lontano, la geopolitica e la sicurezza internazionale, incidono molto di più su di noi ogni giorno di quanto facciano decreti e leggi italiane, che finiscono per occuparsi di spazi residui della vita di ognuno di noi, dandoci la sensazione che chi invece indirizza le questioni fondamentali sta altrove. E quell’altrove è luogo politico che conta davvero raggiungere.
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