Attualità

È la TV di oggi ad essersi ingrigita, o le nostre tempie?

di Dino Giarrusso -


Non so se sia una questione generazionale o se crescendo sia inevitabile cadere nella nostalgia, ma ogni qualvolta accendo la TV ho la netta impressione che la qualità di tutto ciò che viene trasmesso sia peggiore di quel che la TV offriva 30 anni fa. Le telecamere con cui si effettuano le riprese sono oggi migliori, le immagini più definite e nitide, i colori più fedeli al vero. Si può trasmettere in alta definizione, con un sonoro spettacolare poi esaltato da impianti di Home Theater, e vedere dirette da qualunque angolo di mondo senza temere satelliti ballerini. Eppure, eppure… tutta questa tecnologia, queste possibilità sconosciute fino a qualche anno fa, non riescono a scacciare quella sensazione -leggera ma costante- di vaga delusione e di rimpianto per una TV che non c’è più. Chiariamo subito, oggi la TV offre anche eccellenze, ottimi professionisti con programmi che sono un classico e tengon banco ormai da decenni (Chi l’ha visto, Report, Le iene), o con belle sorprese come “Una giornata particolare” che vincono anche in termini di audience. Però è come se si fosse persa un po’ di magia, come se mancassero le idee o fossero troppo diluite nella infinita offerta (tanti canali 24/7, migliaia di ore di diretta al giorno) che tutto impasta e tutto, probabilmente, ingrigisce. Un programma come Quelli della notte o Indietro tutta, da quanto tempo non arriva sui nostri schermi? Con tutto il dovuto e meritato rispetto per De Martino, Cattelan, Insinna e molti professionisti di valore oggi sugli scudi, il paragone con -appunto- Arbore, Minà, lo scatenato Chiambretti degli inizi, non depongono a favore del presente. Pure le dirette di eventi sportivi hanno un altro sapore: un tempo la Davis, i Mondiali e gli Europei di calcio, la Formula Uno le Olimpiadi e la Coppa del mondo di sci, andavano in onda sulla Rai, senza se e senza ma, e venivano visti da tutti, alla stessa ora, creando quell’effetto “teatro collettivo” magistralmente reso da Villaggio quando Fantozzi è costretto a lasciare casa per andare a guardare “La corazzata Potekmin” e il suo condominio sembra San Siro. Oggi è tutto più spezzettato, più freddo, e la TV, ancora così presente nel costume e nelle abitudini degli italiani, viene percepita come un passatempo più che come un appuntamento. Crediamo che questa patina di grigio non sia solo effetto dei cambiamenti tecnologici e sociali, ma proprio di un generale calo della qualità, di un’offerta qualitativamente meno ricca e quantitativamente spropositata. Umberto Eco già nei primi anni ‘90 indicava nella “via figiana” la soluzione alla crisi dei quotidiani italiani. Giacché i quotidiani si gonfiavano di pagine ma s’impoverivano di sostanza, il grande semiotico auspicava quotidiani da 8/10 pagine massimo ma dai contenuti importanti, come accadeva appunto nelle isole Figi. Noi de L’identità, che Eco lo abbiamo preso alla lettera, iniziamo ad auspicare una via figiana anche per la TV, sperando che a lasciarci quella vaga frustrazione quando le siamo davanti, sia l’offerta migliorabile e non la solita nostalgia canaglia che si affaccia passati gli anta.


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