E’ credit crunch: stretta creditizia per l’aumento dei tassi della Bce
Christine Lagarde Alex Kraus /Bloomberg
Per la Cgia di Mestre ormai in corso un credit crunch: nell’ultimo anno gli impieghi bancari vivi alle imprese sono diminuiti del 7,7% (un punto in più per le imprese con meno di 20 addetti, il 98% del totale): in termini assoluti una contrazione pari a 55,8 miliardi. Tre le cause: il costo del debito per l’aumento dei tassi di interesse imposto dalla Bce guidata da Christine Lagarde, la frenata del Pil nazionale, la minore liquidità delle banche che devono restituire alla Bce fondi Tltro per 174 miliardi. Ne fanno le spese le pmi, nonostante i 256 miliardi acquisiti dal Fondo di Garanzia.
Il credit crunch regionale più importante ha riguardato le realtà delle Marche (-11,1 per cento pari a un valore assoluto di -421 milioni). Seguono quelle del Veneto (-10,2 per cento pari a -1,3 miliardi), del Friuli Venezia Giulia (-10,1 per cento che corrisponde a -265 milioni) e della Lombardia (sempre -10,1 per cento pari a -2,3 miliardi).
Indaga i tassi di interesse praticati alle aziende Unimpresa. Per il suo Centro Studi, quelli praticati dalle banche italiane alle imprese sono tornati al livello dell’era “Lehman-Subprime”: a distanza di 15-16 anni, in Italia, si è creata una situazione simile dal punto di vista del mercato del credito. L’associazione spiega che nello scorso agosto, al picco degli ultimi mesi, la media dei tassi sui finanziamenti bancari destinati alle aziende, quelli fino a 1 milione, aveva raggiunto il 5,62% che si confronta con il 6,47% di ottobre 2008 (l’era dei mutui subprime americani) e il 5,99% di dicembre 2007 (poco dopo la bufera scatenata dal fallimento di Lehman Brothers).
“Quel doppio terremoto finanziario, nato negli Stati Uniti ma con ripercussioni rilevanti anche in Europa – si rileva -, provocò un pesante credit crunch e una lunga fase recessiva fino all’indebolimento dell’euro a cavallo tra il 2011 e il 2012. Solo la politica monetaria iper-accomodante della Bce salvò la moneta unica europea e favorì una generale ripresa delle economie del Vecchio continente”.
Oggi la fiammata dei tassi sta causando “una forte diminuzione della domanda di prestiti e una consequenziale, enorme riduzione delle erogazioni da parte delle banche”. Quanto accaduto negli ultimi mesi con il costo del denaro “dimostra la necessità di arrivare, in tempi brevi, a un radicale modello di funzionamento delle istituzioni politiche ed economiche dell’Eurozona”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. Mentre l’inflazione sta calando – osserva – “non possiamo sottacere gli effetti negativi che i tassi d’interesse stanno cagionando sul versante del credito bancario, quindi sugli investimenti delle imprese e sui consumi delle famiglie. Il rischio che si arrivi a fiaccare la ripresa, portando la nostra economia, e non solo quella, su un terreno negativo, è sempre più alto”.
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