Economia

Draghi striglia l’Ue del rigore: “Non si può dire solo no”

di Giovanni Vasso -


Ci ha preso gusto, Mario Draghi, a recitare la parte dell’Uomo della Provvidenza e a strigliare i penitenti del rigore. Del resto, l’Europa è a un bivio e, adesso, occorrono idee forti, se possibile pure più forti del bazooka per il quale, da governatore della Bce, s’era fatto conoscere. L’Ue, di fronte a una guerra che ha portato la crisi energetica e quella industriale, non si può più legare a se stessa. Deve avere il coraggio di superarsi, di abbandonare due delle sue caratteristiche principali: la burocrazia bizantina dell’unanimismo e il culto calvinista del rigore. Senza mezzi termini, l’ex premier italiano ha ricordato ieri agli europarlamentari che servono (almeno) “750-800 miliardi” per rilanciare la competitività del Vecchio Continente e ha deplorato i placcaggi (continui e costanti) che arrivano dai soliti falchi sparagnini: “Dici no al debito pubblico, dici no al mercato unico, dici no alla creazione dell’unione dei mercati dei capitali. Non si può dire di no a tutto” senza ammettere il fallimento dell’Ue. “Quando mi chiedete cosa è meglio fare adesso, rispondo che non ne ho idea. Ma fate qualcosa”. Le idee, in realtà, Draghi ce le ha: “È importante che la Commissione riceva tutto il sostegno necessario sia nell’attuazione del programma che nel suo finanziamento. Il fabbisogno finanziario è enorme: 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente. Per aumentare la capacità di finanziamento, la Commissione propone una gradita razionalizzazione degli strumenti finanziari dell’Ue”. E qui torniamo a bomba, ossia alla raffica di no: “Non ci sono piani per nuovi fondi Ue il metodo proposto è quello di combinare gli strumenti dell’Ue con un uso più flessibile degli aiuti di Stato, coordinato da un nuovo strumento europeo. Anche se speriamo che questa costruzione fornisca il sostegno finanziario necessario, il successo dipenderà dall’utilizzo da parte degli Stati membri dello spazio fiscale disponibile e dalla loro preparazione ad agire all’interno di un quadro europeo”. Basterà? Per Draghi no e pertanto “bisogna emettere debito comune” dal momento che “alcuni Paesi hanno uno spazio fiscale limitato, mentre altri non hanno alcuno spazio”. Citofonare Roma. Ma l’Europa deve avere il coraggio di prendere le sue decisioni, a maggioranza “qualificata in molti campi”. “Nei prossimi mesi ci saranno Paesi che continueranno a difendere l’unanimità e altri che saranno pronti a scendere a compromessi e andare verso il voto a maggioranza qualificata”. Ma ci sono anche “altri due modi” per superare l’unanimità: “Uno è la cooperazione rafforzata, modello presente nei nostri statuti. L’altro è il modello intergovernativo: due-tre-quattro governi concordano su certi obiettivi” e vanno avanti. Però l’ex premier italiano ritiene che sia “meglio se decidiamo di muoverci tutti insieme specialmente in un campo come la difesa o la politica estera, lì serve una valutazione comune di quali sono i rischi e di chi è il nemico”. Insomma, il rigore non si addice a Draghi e nemmeno all’Europa di oggi. Che se ne facciano una ragione, in Germania.


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