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Dopo 14 anni, ancora una scia del caso di Yara

di Angelo Vitale -


Yara Gambirasio aveva 13 anni. Scomparsa poco meno di 14 anni fa a Brembate, fu ritrovata uccisa tre mesi dopo, forse morta per il freddo o l’indebolimento per i traumi riportati e le coltellate ricevute. Da quel giorno iniziò una vicenda che tuttora ha clamore, pure dopo i processi che hanno confermato l’ergastolo per Massimo Bossetti, riconosciuto “Ignoto 1” attraverso un esame Dna nucleare dopo un’indagine che sviluppò test Dna su 25mila e 700 persone della popolazione locale.

Tanti libri sulla storia, finita ad ispirare un episodio della venticinquennale serie tv Usa “Law & Order – Unità vittime speciali”, oltre che un film per la regia di Marco Tullio Giordana, due documentari e un recentissimo docufilm trasmesso da Netflix.

Senza movente ed ulteriori prove, i processi furono sempre incentrati sui reperti utilizzati per l’accusa. Una coda ora, con l’archiviazione del procedimento che vedeva indagata a Venezia per frode processuale la pm del caso Yara, Letizia Ruggeri. Nato da una denuncia di Bossetti in ordine alla conservazione dei reperti, 54 campioni di Dna – estratti dagli abiti di Yara e contenenti la traccia mista della vittima e di chi la uccise – spostati dal frigo dell’ospedale San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo, alterando la catena del freddo e impedendo ogni possibile nuova analisi.

Ora, il Gip si è convinto che la pm non si fosse macchiata -come sostenuto dalla difesa di Bossetti- di “un’attività criminale, un abuso inaccettabile, una violenza gratuita”, perché certa della solidità dell’accusa.


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