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Djokovic ridimensiona Sinner, non è (ancora) un fenomeno del tennis

di Redazione -


di RAPHAEL D’ABDON

Ci sono un giornalista sportivo, un maestro di tennis e un tifoso che parlano di Sinner. Il giornalista osserva: “È in semifinale a Wimbledon”. Il maestro replica: “È il n. 8 del mondo”. Il tifoso conclude: “È un fenomeno”. Un ragionamento che in teoria non fa una piega, ma che ricorda una barzelletta illuminante: ci sono un matematico, un fisico e uno statistico che vanno a caccia e vedono un cervo. Il matematico spara mezzo metro troppo a destra. Il fisico, lanciatosi all’inseguimento, spara mezzo metro troppo a sinistra. Lo statistico esulta: “Lo abbiamo preso!”. Morale della favola? I numeri sono importanti per comprendere la realtà, ma a volte mentono e una persona accorta deve saperli interpretare. Il cervo se l’è vista brutta due volte ma non si è beccato nessuna pallottola; Sinner ottiene qualche buon piazzamento, fa punti utili per la classifica, ma è tutt’altro che un fenomeno. Risiedere stabilmente nella top 10 è una grande conquista e arrivare in semifinale in uno slam (seppur sfruttando un tabellone fortunato) è un’impresa straordinaria. Ma il match di ieri a Wimbledon, vinto da Djokovic in 3 set con faciltà disarmante, non fuga i dubbi sul valore assoluto del giocatore e sulla sua incapacità cronica di essere competitivo ai massimi livelli. Parliamo certamente di un ottimo giocatore, che in futuro potrebbe conquistare tornei importanti, ma che ad oggi non ha vinto nulla di serio, che quando la posta in gioco si alza non riesce a salire di livello e che quando c’è da tirare la zampata contro i primi della classe nei match che contano si scioglie come neve al sole. Per il momento è preferibile mettere l’epiteto di fenomeno in naftalina. I tanti che oggi ne abusano misinterpretando la realtà fanno la figura dello statistico improvvido, che vede cervi agonizzanti mentre i cervi sgambettano serenamente nella foresta.


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