Politica

Dis, le tante ipotesi dietro l’addio di Elisabetta Belloni

di Giuseppe Ariola -


Il motivo delle dimissioni di Elisabetta Belloni da numero uno del Dis sta assumendo i contorni di un vero e proprio giallo. Probabilmente non può che essere così dal momento in cui la questione riguarda il capo dei nostri apparati di intelligence e tanto più perché questo inaspettato passo indietro è arrivato ad appena quattro mesi dalla scadenza naturale del mandato. Che qualcosa sia andato storto appare quindi evidente e, proprio in virtù di questa considerazione, l’addio di Elisabetta Belloni dal vertice del Dis sta alimentando un silenzioso chiacchiericcio condito dalle più svariate teorie e non scevro di dietrologie e complottismi. Tra le tesi più gettonate quella tra le più amate dall’opposizione lega la decisione della Belloni al presunto accordo tra il governo italiano e il gruppo Space X, controllato da patron di Tesla e X, Elon Musk, relativo a un contratto di cinque anni per la fornitura di servizi di telecomunicazione all’Italia per un valore complessivo di 1,5 miliardi di euro. Il progetto, noto come Starlink, punta ad offrire una maxi rete di connessione globale attraverso l’utilizzo di satelliti realizzati dalla società aerospaziale Space X. Una congettura sostenuta con insistenza nonostante Palazzo Chigi sia intervenuto con una nota formale per smentire l’esistenza di questo famigerato contratto e per precisare che nell’incontro del 4 gennaio tra Giorgia Meloni e Donald Trump a Mar-a-Lago, residenza privata del presidente eletto degli Stati Uniti, si sia parlato di questo ipotetico contratto. Ma proprio il viaggio lampo della presidente del Consiglio sulle rive di Palm Beach, in Florida, ha dato adito anche ad altre congetture circa le dimissioni del capo dei servizi segreti italiani che non coinvolta nella visita, secondo qualcuno, ne avrebbe tratto le conseguenze e avrebbe optato per rimettere il proprio incarico. Peccato che, a quanto pare, la decisione di dimettersi dal Dis a far data dal 15 gennaio fosse già stata anticipata da Elisabetta Belloni alla premier il 23 dicembre, oltre 10 giorni prima che Giorgia Meloni sorvolasse l’Oceano Atlantico per raggiungere l’East Cost degli Stati Uniti. Quello che è difficile credere in merito all’incontro con Donald Trump è, invece, che non si sia parlato del caso di Cecilia Sala e della richiesta iraniana di negare l’estradizione negli Usa dell’esperto di droni Abedini, detenuto nel carcere di Opera a seguito dell’arresto avvenuto a Malpensa sulla scorta di un mandato di cattura internazionale. E anche il caso della giornalista italiana detenuta nel carcere di Evin a Teheran rientra a pieno titolo tra le possibili cause delle dimissioni di Elisabetta Belloni. C’è chi ipotizza che il raccordo tra i servizi segreti italiani e le altre istituzioni preposte a gestire la questione sia avvenuto con un certo ritardo rispetto al momento del fermo della nostra connazionale. Di conseguenza, anche le implicazioni dell’arresto di Abedini sarebbero state valutate tardivamente, impedendo quell’intervento immediato, sia diplomatico che a livello di intelligence, che il caso di Cecilia Sala avrebbe richiesto. Di fatto, ai principali vertici organizzati a Palazzo Chigi per gestire la questione il capo del Dis non ha partecipato. Circostanza che ha alimentato le voci circa i rapporti abbastanza tesi della Belloni con il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, ed il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano. Voci che per quanto riguarda il fronte del ministro degli Esteri si rincorrevano già dai giorni in cui bisognava scegliere il successore di Raffaele Fitto, mentre per quanto riguarda Mantovano si sono alimentate man mano che si susseguivano le nomine ai vertici dei servizi di intelligence, compreso il vice direttore del Dis. Retroscena a parte, quel che è certo che adesso bisognerà trovare un sostituto di Elisabetta Belloni e che farlo non sarà certo facile, tanto più perché l’uscita di scena della navigata diplomatica, soprattutto per come è maturata, non sarà indolore. Senza dubbio se ne parlerà al tavolo del primo Consiglio dei ministri del 2025, che dovrebbe tenersi domani, benché la nomina del direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza sia di competenza esclusiva della premier.


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