Esteri

Din Don Trump, così il tycoon le ha suonate a Kamala Harris e al suo esercito di vip

di Ernesto Ferrante -


Donald Trump sarà il 47mo presidente degli Stati Uniti, il secondo nella storia ad ottenere un secondo mandato non consecutivo. Il primo era stato Grover Cleveland, 22mo e 24mo presidente, tra il 1885 e il 1889 e poi tra il 1893 e il 1897. Il giuramento è previsto per il 20 gennaio.

Nel frattempo dovranno essere effettuati tutti i passaggi previsti, a partire dalla certificazione dei risultati ad opera singoli Stati, con la conferma del conteggio dei voti. Successivamente, i loro rappresentanti si riuniranno nel Collegio Elettorale il 16 dicembre per votare formalmente, sancendo di fatto l’elezione del presidente. Infine, il Congresso degli Stati Uniti conterà ufficialmente i voti il 6 gennaio 2025. Dopo questa conferma, Trump assumerà la carica.

La vittoria del tycoon è stata così ampia, diffusa e trasversale da far saltare tutte le caselle e le etichette di riserva che le “grandi firme” avevano preparato nell’eventualità molto remota, solo per loro, di una sconfitta di Kamala Harris.

Tra i tanti dati, vale la pena di citarne qualcuno. Trump ha trionfato nella contea di Starr, in Texas, la più ispanica d’America (lo è il 97% della sua popolazione), dove i repubblicani non avevano la meglio dal 1892. Stando a TexasCounties.net, al leader del GOP è andato il 57,7% dei voti contro i 41,8% di Harris.

L’onda rossa nella “Valle del Rio Grande”, non nasce da un’improvvisa invasione di marziani con il parrucchino biondo e le tasche piene, ma dalla percezione che le amministrazioni “dem” abbiano trascurato la regione. Le richieste di maggiore sicurezza e maggiori sostegni economici sono rimaste lettera morta. L’economia della zona, prevalentemente basata sul settore energetico, ha pesantemente risentito delle fascinazioni “green” di Biden e Harris.

“The Donald” ha ricevuto il 64% delle preferenze nella contea di Clark, in Ohio, di cui fa parte anche la città di Springfield, dove hanno trovato casa un gran numero di immigrati haitiani.

I repubblicani hanno conquistato il controllo del Senato, che sarà cruciale per la realizzazione dell’agenda politica della nuova amministrazione e la conferma di segretari e nomine giudiziarie. Al momento hanno una maggioranza di 52 a 49, dopo che in West Virginia il governatore Jim Justice si è aggiudicato il seggio che è stato di Joe Manchin per 14 anni, e in Ohio Bernie Moreno ha sconfitto il senatore dem Sherrod Brown e in Montana Tim Sheehy ha fatto lo stesso con il senatore democratico di tre mandati, Jon Tester.

Il vantaggio potrebbe ulteriormente aumentare dal momento che ci sono altri duelli ancora da chiamare, soprattutto nella “Blue Wall”. Nel discorso della vittoria, Donald Trump ha definito “incredibile” la prevalenza nell’altro ramo del Congresso.

Una delle carte vincenti del magnate, si è rivelata la scelta James David Vance per il ruolo di vicepresidente. Quella del giovane senatore dell’Ohio che ha servito in Iraq come marine, narrata in “Hillbilly Elegy”, è la storia del riscatto di un figlio di una famiglia della classe operaia bianca, quella parte di società Usa travolta dalla globalizzazione, spaventata dall’immigrazione selvaggia e costantemente mortificata dallo star system e dai fanatici della “propaganda woke” e della “cancel culture”. “Codici” che l’America profonda ha riconosciuto come suoi.

Nella serata non sono mancati episodi da psico-dramma. Come quello accaduto alla Cnn, quando il presentatore Jake Tapper ha chiesto al collega John King di indicargli sulla mappa interattiva dove Kamala Harris avesse superato di almeno il 3% il risultato di Biden nel 2020. Alla vista di un’unica “distesa” di grigio senza interruzioni e dell’evidente imbarazzo dell’interrogato, Tapper ha riproposto la domanda: “Letteralmente da nessuna parte? Neanche in una contea?”. Impietosa la risposta di King: “Letteralmente da nessuna parte!”. Lo stesso posto in cui è andata Kamala la “vincente” sicura.

“Fermerò le guerre, non le inizierò”, ha promesso Trump agli americani. Un buon inizio, anche per l’Europa.


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