L’affare del secolo è nella digitalizzazione della burocrazia e pubblica amministrazione. O, almeno, potrebbe esserlo secondo quanto è emerso da alcuni studi e progetti presentati a Davos. La burocrazia, uno dei talloni d’Achille italiani (e non solo), potrebbe trasformarsi in un’autentica miniera d’oro. Il World Economic Forum stima che, in tutto il mondo, il cosiddetto Gov Tech, ossia il passaggio delle pubbliche amministrazioni al digitale, potrebbe valere più di mille miliardi di dollari in tutto il mondo. E solo in termini di software. I numeri possono ancora lievitare se si considerano i dispositivi hardware di cui le burocrazie dovranno dotarsi. Ma questo è solo l’inizio. Perché digitalizzare le Pa significa rivoluzionare la vita dei cittadini e delle imprese. Ma non si tratta delle solite parole vuote, quelle che si usano per infiocchettare le mode economiche o istituzionali del momento e, magari, per farle digerire a un pubblico sempre più scettico nei confronti della tecnologia. Con la digitalizzazione, completa, delle burocrazie si dovrebbero tagliare i tempi, e dunque i costi, per le famiglie e per le aziende. Inoltre sarebbe necessario procedere a un cambio radicale, una vera e propria rivoluzione nelle piante organiche degli enti pubblici. Altro che stop al turnover e mito del posto fisso: le Pa dovrebbero ricominciare ad assumere personale sempre più qualificato e sempre meno disposto ad accontentarsi di lavorare solo per lo stipendio. In pratica, i cacciatori di teste o meglio l’elefantiaca macchina dei concorsi pubblici dovrà mettersi in competizione con il settore privato. Il rischio è che ne esca stritolato. Come è già accaduto, in Italia, con il Pnrr. Devoluto e poi tolto, d’imperio, ai Comuni che si sono accorti di non avere personale capace di reggere la sfida digitale e di non poter utilizzare, con figure più qualificate, il richiamo dello “stage” o di altri tipi di inquadramento che sono stati nettamente bocciati dal mercato del lavoro. Insomma, c’è davvero tanto, forse troppo, da fare. Almeno in Italia dove gli enti locali escono da almeno vent’anni di tagli continui che hanno assottigliato le fila del pubblico impiego, sempre meno specializzato e sempre più anziano. Inoltre c’è un’altra, grandissima, spada di Damocle che pende sul capo della digitalizzazione. È la mancanza di infrastrutture, o digital divide, che – per restare in Italia – fa del Nord e del Sud, delle metropoli e delle aree interne praticamente due Paesi diversi. Uno che corre, l’altro che al solito arranca.
Ma c’è anche un altro importante aspetto della vicenda. Quello legato alle tecnologie, ai dati. Abbiamo imparato, dagli scandali social fino alla guerra commerciale in atto tra Usa e Cina, che chi ha i dati e le tecnologie comanda il mondo. Figurarsi se si può tenere in mano l’attività di migliaia e migliaia di enti, agenzie, istituzioni. I ricconi di Davos hanno fiutato l’affare del secolo. Non solo in termini economici. E ci si sono fiondati. Così è stata annunciata la costituzione, in Germania, del Ggtc, Global Government Technology Center, che avrà sede a Berlino. “Fungerà da hub per la rete GovTech del Forum e lancerà flussi di lavoro per ampliare le iniziative esistenti che mirano a sbloccare l’enorme potenziale che le tecnologie digitali hanno per servizi pubblici più efficaci e per creare nuovo valore pubblico”, ha affermato a gennaio scorso Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum. “GovTech potrebbe diventare uno dei più grandi mercati software negli anni a venire e generare significativi guadagni di produttività per quei Paesi che riescono a implementare e scalare le migliori pratiche globali”. I privati sono in campo e con loro anche i governi: “Con la sua prima strategia federale per le start-up e la sua strategia digitale, il governo federale intende rafforzare la scena GovTech al fine di modernizzare il governo e la pubblica amministrazione”, ha affermato Robert Habeck, vicecancelliere tedesco nonché ministro dell’economia e della pubblica amministrazione: “Il Global Government Technology Center avrà un impatto diretto sulle iniziative governative ad alta priorità, ad esempio, nel portare avanti soluzioni di intelligenza artificiale per il settore pubblico. Questa forte collaborazione tra start-up e governo può essere cruciale per sviluppare e testare soluzioni di intelligenza artificiale conformi alla democrazia. E offrirà alle start-up tedesche ulteriori business case nel campo GovTech”.